I due capitoletti di «Uranismo e Unisessualità» che vi presento oggi sono dedicati a due coppie di amici, la prima, quella di Montaigne e La Boëtie è certamente più conosciuta, la seconda, quella di Michelet e Poinsot, è forse meno nota ma non meno interessante.
Che Montaigne e Michelet siano due colossi della storia e delle cultura francese è un fatto risaputo. Entrambi sposati, entrambi con figli, ma, al di là di questo, in genere molto ben visti dalla cultura gay, perché entrambi mostrarono forme di affetto verso un amico speciale, affini a quelle tipiche delle coppie omosessuali. Nessuno dei due manifestò reticenza rispetto ai propri sentimenti ed entrambi attribuirono alle loro amicizie una importanza fondamentale nella loro vita.
Ma, al di là di questo, non c’è dubbio che i Saggi di Montaigne siano un punto fondamentale nella lotta contro l’oscurantismo, le morali rigide e le pretese certezze che limitano la libertà umana. Montaigne fu un vero filosofo. Quanto a Michelet, la sua opera storica è guidata dall’idea che il progresso civile è un cammino verso la libertà. Si tratta di un’idea dirompente, se vogliamo di un’utopia, ma anche di una visione autenticamente libertaria del mondo e della politica. Michelet non si piegò mai alle imposizioni del potere, a costo di finire in povertà. È un personaggio la cui dignità potrebbe ancora fare scuola.
Montaigne fu sconvolto dalla morte di La Boëtie 32enne, ma sia Montaigne che La Boëtie erano uomini adulti. Anche nel caso di Michelet l’amicizia speciale fu interrotta dalla morte dell’amico. Poinsot morì a 22 anni e Michelet ne seguì il declino fino alla fine. Poinsot rimase nella vita di Michelet come una presenza fondamentale fino alla sua morte e Michelet volle essere sepolto accanto all’amico.
Quando alla vedova di Michelet fu proposta la traslazione della salma del marito nel Pantheon, tra i grandi di Francia, la signora negò la sua autorizzazione, argomentando che il marito era stato sepolto accanto a Poinsot e che lei non li avrebbe separati. Chi volesse approfondire il rapporto tra Michelet e Poinsot potrebbe leggere l’interessantissimo e breve saggio di Paule Petitier “Correspondance et structure du moi chez Jules Michelet”.
Ma lasciamo ora la parola a Raffalovich.
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Montaigne e Eugene de La Boëtie
La Boëtie, ha detto Sainte-Beuve, è stato la passione di Montaigne. Ascoltiamo ora lo stesso La Boëtie:
“La maggior parte degli uomini prudenti e dei saggi non si fida e non accorda alcuna fiducia ad un’amicizia se non dopo che l’età l’ha confermata e il tempo l’ha assoggettata a mille prove: ma per quanto riguarda noi, l’amicizia che ci lega non dura che da poco più di un anno, ma è arrivata al suo punto più alto, e non c’è più null’altro da aggiungere. Questa sarebbe imprudenza? Nessuno, almeno, oserebbe dirlo, e non è saggio ma triste colui che, conoscendoci entrambi e conoscendo i nostri gusti e i nostri costumi, può preoccuparsi della data della nostra amicizia senza applaudire di buon cuore ad una unione così perfetta. E non temo certo che i nostri nipoti, un giorno, rifiutino di iscrivere i nostri nomi nella lista degli amici celebri. Non tutti gli innesti vanno bene per tutti gli alberi; il ciliegio rifiuta il melo, e il pero non accetta il pruno: né il tempo né le cure possono ottenere queste cose da loro, tanto gli istinti sono confliggenti. Ma su altri alberi lo stesso innesto attecchisce immediatamente per un segreto accordo naturale; In brevissimo tempo le gemme si gonfiano e si uniscono e i due insieme si danno da fare per produrre con uno sforzo comune il medesimo frutto… E lo stesso succede con le anime: ce ne sono di quelle che, una volta unite, nulla potrebbe separare; e ce ne sono altre che nessun’arte potrebbe unire. Quanto a te, o Montaigne, quello che ti ha unito a me, per sempre e in ogni circostanza, è la forza della natura, il più amabile richiamo amoroso, la virtù.”[1]
Jules Michelet et Paul Poinsot, nati nel 1798
(1811)
“Il ricordo di quelle passeggiate sarà sempre tra i miei ricordi più cari e più deliziosi. Nulla di quello che ho provato in seguito ne ha affievolito l’impressione.
Non si sente un piacere più vivo, quando si vola ad un appuntamento, di quello che sentivamo noi quando, in una bella mattina di primavera o d’estete ce ne scappavamo da rue d’Angulême e cominciavamo una conversazione di qualche ora. Prendevamo sempre la strada più lunga. Ero solo allora, nel mondo, col mio amico, ed essendo tutto il resto a mia disposizione, lo organizzavo per la mia felicità. Sono questi i ricordi belli, i ricordi innocenti che non hanno lasciato né rimpianti né rimorsi.”
(1818)
“Dio, io penso, ebbe pietà di me il giorno in cui rimandò da me colui che, solo, poteva addolcire tutte le mie sofferenze: il mio caro Poinsot. Dopo una così lunga assenza, mi veniva alla fine restituito, e per sempre.”
“A vent’anni ci ritrovavamo in mezzo agli entusiasmi della giovinezza. Me lo ricordo molto meglio dei miei pensieri di ieri, era un desiderio immenso, insaziabile, di comunicazioni, di confidenze reciproche. Ne la parola né la carta potevano bastare. Dopo lunghissime passeggiate ce ne andavamo insieme avanti e indietro. Che gioia quando tornava il giorno, l’avere tanto da dirsi. Come quando andavamo insieme a scuola, partivo di buon’ora, nel pieno della mia forza e della mia libertà, impaziente di parlare, di riprendere l’intrattenimento, di confidare tante cose.”
“Quante volte ho sbagliato orario! Alle quattro, alle cinque del mattino, andavo, bussavo, mi facevo aprire le porte, svegliavo il mio amico… Proprio sotto le nostre finestre, una panca, che si disse essere stata collocata lì appositamente per noi, sembrava invitarci ad aspettarci l’un l’altro. Che felicità era la sera, nella mia cameretta, dove mi rifugiavo qualche volta per lavorare, sentire Poinsot vicino alla camera di mio padre, dove ho sempre dormito fino al mio matrimonio, noi potevamo continuare, tenendo le porte aperte, quelle buone conversazioni a voce bassa… In compagnia di Poinsot, qualunque cosa mi sarebbe stata facile, perfino ridiventare buono.”
“Parlando della sua infanzia, ho detto che a 11 anni era stato collocato dai suoi genitori in uno studio notarile dove doveva fare delle commissioni. Fu una disgrazia per lui. Lì si trovò ogni giorno vicino a giovani arrivati, a uomini di età matura e di esperienze poco dignitose che davanti a lui parlavano molto liberamente dei loro vili intrighi. La conoscenza del male gli era dunque arrivata, attraverso lo spirito, prima del risveglio dei sensi… Un ragazzino mal nato, incline al vizio, a questa scuola pericolosa, si sarebbe guastato per sempre.
“Ma per lui fu tutto il contrario. Ci sono delle anime che non possono abbassarsi.
Istruito e molto più di quanto lo si è a vent’anni; o meglio male istruito, era stato comunque preservato da ogni forma di corruzione. Quello che pure potrà sorprendere, dopo quello che ho appena detto, è che di noi due, lui era, forse, rimasto il più puro. Non avendo più le curiosità inquiete dell’ignoranza, e avendo l’amore perso per lui il suo mistero – almeno lui così pensava – prima che ne avesse provato i primi trasalimenti; vedendolo sempre come i vili libertini lo avevano presentato alla sua immaginazione, una fonte di piaceri volgari ai quali né il cuore né l’anima prendevano parte; ora che l’età delle legittime tentazioni era venuta, ben lungi dal cedere ad esse, lui le fuggiva; si staccava sempre di più dalla compagnia delle donne…
“Due anni dopo, giovedì 4 maggio. – Poinsot è partito! L’ho accompagnato stamattina a Bicêtre. Sentendo di avere attitudini superiori, ha lasciato la farmacia per la medicina. Questi due anni in cui abbiamo vissuto insieme, sono passati come un sogno. Portati tutti e due per vie diverse, lontane dal nostro sentire, mai separati, si sarebbe detto che questa divergenza anche nei nostri studi ci attirava più fortemente l’uno verso l’altro.”
“Ecco che lui è solo laggiù. Io sono solo qui. Nemmeno una lacrima quando ci siamo lasciati, eppure il cuore ne resta mutilato. Non credo che due anime potranno mai essere così simili. Noi saremmo lo stesso uomo, se fossimo stati messi nelle stesse circostanze…”
“L’amicizia non fa perdere nulla a questi sentimenti elevati. Con un amico si arriva presto a parlare in modo gradevolissimo, sulle questioni generali, cosa che non si fa affatto con una donna che si ama. L’orizzonte si restringe molto rapidamente alla misura della individualità. Bisogna dunque cercare di coltivare tutto quello che può dare il cambio all’amore…”
“Domenica 13. – L’allontanamento fa nell’amicizia lo stesso effetto che fa nell’amore: è il mantice della forgia.”
“Domenica 5 agosto. – Potrei dire che questa amicizia ha qualcosa di romantico? Qualcosa che si trova ordinariamente solo nell’amore? Io cerco di spiegarmi questa toccante e singolare conformità di due anime. È un errore del Demiurgo che ha realizzato due volte la copia eterna della stessa anima, per parlare come Platone…”
“Martedì 12 settembre.- Nella nostra passeggiata la prudenza mi ha abbandonato , gli ho parlato di Lucile, e allora ho visto quanto valeva quest’anima: mi ha risposto semplicemente: c’è bisogno di tempo tra due cuori onesti per superare il baluardo che separa i sessi.”
“Giovedì 18 gennaio 1821. – Sì, povero ragazzo! … Chissà, mio Dio! … “
“È proprio vero che in questo momento in me non c’è che lui.”
“Quando voglio sapere fino a che punto sono vivo o morto, tasto il suo polso, e a seconda che quello rallenti o acceleri io mi abbatto o mi rifaccio coraggio. La mia vita è talmente appesa alla sua che se il suo cuore cessasse improvvisamente di battere, io credo che anche il mio si arresterebbe nello stesso secondo. La nostra unione è così forte, così completa, che l’angoscia mi fa a pezzi e ho la sensazione di soffocare quando ritrovo lui più oppresso, che non respira se non a fatica. Per fortuna il suo sguardo, in questi momenti, non scruta il mio viso. Si accorgerebbe troppo della gravità del suo stato dall’alterazione dei tratti del mio volto.”
“Bisogna ora che, per distrarlo, gli legga qualcosa. Parlare lo affaticherebbe troppo. Oggi voleva solo dormire. Sa sua povera mano tutta bagnata dei sudori della febbre, in certi momenti cercava la mia. Ma subito ricadeva nella stessa prostrazione…”
“Domenica 11 febbraio. – Ancora otto giorni da cancellare. Non ho potuto entrare per un solo istante in me. All’infuori di lui, quello che succede non lascia alcuna traccia. Sta molto male. Quando penso alla grandezza di questa perdita, mi sembra che anche donandogli tutto, non gli darei abbastanza; che la mia amicizia ardente è al di sotto di quello che lui merita. Ci sono andato stamattina e ci ritornerò stasera…”
“Mercoledì 21. – Tutto è finito! Poinsot è morto il 14…”
“Giovedì 4 aprile. – Non sogno mai di lui senza provare, l’indomani, l’invincibile bisogno di salire al cimitero. Mi sembra che lui mi chiami… Comunque stiano le cose, nulla fa rivivere più fortemente nei nostri cuori quelli che noi abbiamo perduto, del rivederli in sogno. L’indomani di queste notti in cui Poinsot mi appare, è come se le nostre anime si fossero unite insieme. Vivo come se lo avessi ritrovato. La sensazione della presenza del mio amico è così forte in me che io resto turbato se qualcuno bussa inaspettatamente alla mia porta. Qualche volta mi capita di girarmi bruscamente senza averlo voluto. Mi sembra che lui sia lì, molto vicino, dietro di me, che non stia aspettando che una parola, che un segno, per lanciarsi, per lasciarsi cadere nelle mie braccia. Ah! Per quanto vani voi siate, sogni della notte, e talvolta anche così crudeli, ritornate ovunque, ritornate e, anche spezzandomi il cuore, restituitemi l’amico che ho perduto!”[2]
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[1] I partigiani dell’ereditarietà, quelli che ne decifrano i geroglifici, terranno conto senza dubbio, spiegando l’amicizia-passione di Montaigne, che suo padre non aveva conosciuto donna prima dell’età di 33 anni. L’imprudente Rousseau, nell’Emilio, cita senza prova questo esempio di verginità prolungata. Questo è giocare con le parole.
[2] La signora Michelet non rifiutò forse il Pantheon per suo marito dando come una delle ragioni del suo rifiuto il fatto che Michelet era stato sepolto accanto a Poinsot?
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