RADICI LEGALI DELLA OMOFOBIA

OMOSESSUALITA’ NEI CODICI PENALI PREUNITARI

Questo post è nato nell’ambito di una discussione sulla diversa consistenza dell’omofobia nel nord e nel sud dell’Italia. Ho raccolto qui di seguito tre importanti documenti che permettono di superare il pregiudizio secondo il quale l’Italia del nord sarebbe cresciuta in civiltà “in ogni campo” per effetto del lungo contatto con l’Impero asburgico mentre l’Italia meridionale soffrirebbe ancora dell’eredità pesante di una legislazione che si definisce borbonica nel senso di arretrata e oscurantista. In realtà, per rendere a Cesare quel che è di Cesare, bisogna riconoscere che, in particolare in riferimento alla legislazione penale in materia di omosessualità, è vero esattamente il contrario.

Riporto qui di seguito alcuni articoli tratti dal “Codice per lo Regno delle Due Sicilie” (promulgato da Ferdinando I di Borbone il 21/5/1819).

1819 Codice per lo Regno delle Due Sicilie (promulgato da Ferdinando I di Borbone il 21/5/1819) (Link), Parte II, Leggi penali, Titolo VII, Capitolo II “De’ reati che attaccano la pace e l’onore delle famiglie”.

Art. 333 “Lo stupro violento consumato sopra individui dell’uno o dell’altro sesso sarà punito  con la reclusione.”

Art. 334 “Lo stupro violento mancato sarà punto col terzo grado di prigionia.”

Art. 335 “Lo stupro violento semplicemente tentato, ed ogni altro violento attentato al pudore, sarà punto col primo al secondo grado di prigionia.”

Art. 336 “Chiunque rapisca con violenza una persona, sia per abusarne, sia per oggetto di matrimonio, sarà punito colla rilegazione. …”

Art. 339 “Lo stupro ed ogni altro attentato al pudore si presume sempre violento,
1° quando sia seguito in persona che non abbia ancor compiuto gli anni dodici;
2° quando la persona di cui si abusi, trovisi fuori di sensi, sia per artifizio dello stesso colpevole, sia per altra causa;
3° quando sia commesso dagl’institutori, direttori o tutori su persone di età minore di sedici anni compiuti, affidate alla loro cura o direzione;
4° quando sia commesso su’prigionieri da coloro che sono incaricati della loro custodia o trasporto.”

Art. 344 “Chiunque ecciti, favorisca o faciliti abitualmente il libertinaggio o la corruzione ne’giovani di età minore dell’uno o dell’altro sesso, soggiacerà alla pena di rilegazione.”

Come si può vedere il codice panale borbonico evita qualunque distinzione per sesso equiparando totalmente i reati commessi da uomini o su uomini a quelli commessi da donne o su donne. L’omosessualità non è oggetto di incriminazione specifica in nessun caso. Per l’epoca si tratta di scelte estremamente importanti in cui si sente netta, nonostante la parentesi della rivoluzione napoletana del 1799, repressa da Ferdinando e definitivamente seppellita con 124 condanne a morte e 222 ergastoli, l’influenza della cultura giuridica di Mario Pagano (un illuminista penalista di prima grandezza, giustiziato a Napoli il 29 ottobre 1799 per essere stato uno degli ispiratori della rivoluzione del 1799) e di Antonio Genovesi (un prete illuminista che pose le basi della moderna economia politica). Può sembrare un paradosso, ma lo stesso re che mandò a morte Mario Pagano finì per recepire parecchi dei principi penalistici da lui ribaditi.

Per fare risaltare il carattere di modernità del Codice Penale napoletano del 1819, riporto qui di seguito alcuni articoli del Regolamento gregoriano 1832, promulgato da Gregorio XVI il 20 settembre1832, un documento che per alcuni aspetti somiglia (ma solo formalmente) al Codice Penale napoletano. L’espressione “opera pubblica” significa “lavori forzati”. L’espressione “stupro immaturo” si riferisce a uno stupro commesso su ragazze al di sotto dei sette, degli otto o dei 12 anni, in riferimento a diversi editti criminali (Link).

Regolamento gregoriano 1832 (promulgato da Gregorio XVI il 20 settembre1832) (Link), Titolo X “Dei delitti contro i buoni costumi e contro l’onestà”.

Art. 168 “Lo stupro semplice è punito coll’opera pubblica di tre anni, quando il reo non doti, o non sposi la stuprata.

Art. 170 “Lo stupro è qualificato per violenza, quando è commesso con minaccie gravi, con percosse, con uso o apparecchio d’armi, con abuso della persona che per malattia, per aberrazione di mente, o per altra causa si trovi fuori dall’uso dei sensi, o ne sia stata artificiosamente privata. ”

Art. 171 “Si reputa stupro violento ancora quello in cui il delinquente abusa della propria autorità sulla persona minore di anni ventuno, o dipendente o affidata alla di lui direzione e custodia; siccome pure quello che si fa assistere nella esecuzione del delitto da una o più persone, le quali saranno trattate come complici”.

Art. 172 “Si considera come stupro violento qualunque congiunzione carnale commessa dai custodi delle carceri, e loro subalterni, e dagli agenti della Forza pubblica sulle persone arrestate, detenute o condannate. ”

Art. 173 “La pena di questo delitto, in tutti i casi sopra espressi, è la galera dai dieci anni ai quindici, la qual pena di aumenta fino agli anni venti, se vi fossero ferite o altre circostanze gravanti, o se fosse cagionato grave pregiudizio alla salute della persona stuprata. …”

Art. 174 “La pena dello stupro immaturo è la galera perpetua; se ne segue la morte della stuprata è la decapitazione.”

Art. 178 “I colpevoli di delitto consumato contro natura sono punti colla galera perpetua”.

Il Regolamento gregoriano usa il termine persona come il Codice Napoletano del 1819, ma nel comminare la decapitazione per lo stupro violento “se ne segue la morte della stuprata” evidenzia che il legislatore presuppone che la vittima sia una donna.

Ma un punto è veramente centrale. Il “delitto consumato contro natura” è punito sempre con la galera perpetua, anche se consensuale, senza violenza, minaccia o percosse o uso di armi o di artifici. È estremamente significativo notare che lo stesso comportamento cioè lo stupro semplice (art. 168) perpetrato su una donna non è neppure punito se il colpevole costituisce la dote alla vittima! Per lo stesso comportamento un eterosessuale se la cava pagando la dote della vittima e un omosessuale finisce all’ergastolo. Come si vede, qui l’illuminismo non è mai esistito.

Il terzo documento mostra una realtà spesso passata sotto silenzio. L’impero d’Austria, col Codice Penale emanato nel 1852 da Francesco Giuseppe, se non arriva a comminare l’ergastolo per l’omosessualità consensuale, tratta della omosessualità in un modo molto negativo.

Codice Penale per l’Impero d’Austria (promulgato da Francesco Giuseppe il 27 maggio 1852) in vigore dal 1° settembre 1852 (Link) Capo decimo quarto “Dello stupro, dell’oltraggio al pudore e di altri crimini di libidine”.

Paragrafo 125 – Stupro – “Commette il crimine di stupro chi con pericolosa minaccia, con violenza effettivamente usata, o con assopimento dei sensi astutamente procurato, mette una donna nell’impotenza di resistergli e abusa di lei, ridotta in questo stato, con illegittimo carnale commercio .”

Paragrafo 126 – Pena – “La pena dello stupro è il duro carcere tra cinque e dieci anni, e tra dieci e venti se dalla violenza è derivato un grave pregiudizio alla salute o perfino alla vita della donna offesa. Se il crimine ha cagionato la morte dell’offesa, la pena è il duro carcere in vita.”

Paragrafo 127 “E’ parimenti da considerarsi come stupro e da punirsi giusta il paragrafo 126 l’illegittimo carnale commercio intrapreso con persona di sesso femminile, la quale senza cooperazione dell’autore si trova impotente a resistere od inconsapevole di sé stessa, o che non ha ancora compiuto il decimo quarto anno dell’età sua.”

Paragrafo 128 – Oltraggio al pudore – Chi per soddisfare alle libidinose due voglie abusa sessualmente, in modo diverso da quello indicato nel paragrafo 127, di un fanciullo o di una fanciulla in età minore di quattordici anni, ovvero di una persona impotente a resistere od inconsapevole di sé stessa, commette il crimine di oltraggio al pudore, allorché quest’azione con costituisca il crimine accennato al paragrafo 129 lett. b), e viene pulito col duro carcere da uno a cinque anni; fino a dieci anni concorrendo circostanze assai aggravanti; e fino a venti anni qualora ne fosse derivata una delle conseguenze addotte nel paragrafo 126.  

Paragrafo 129 – “Crimini di libidine I – Contro natura – Sono puniti come crimini anche le seguenti forme di libidine:
I – La libidine contro natura, cioè
a)      con bestie;
b)      con persone del medesimo sesso

Paragrafo 130 “La pena è il duro carcere da uno a cinque anni. Se per altro nel caso della lettera b) il reo si è servito di uno dei mezzi indicati nel paragrafo 125, la pena sarà misurata tra cinque e dieci anni; e verificandosi una delle circostanza addotte le paragrafo 126, si applicherà anche la pena ivi determinata.”
 

Come si vede anche il Codice Penale austriaco, come il Regolamento gregoriano, condanna gli atti omosessuali in sé, anche consensuali, ossia commessi senza violenza o raggiro, in questo caso la pena non è l’ergastolo ma il carcere duro da uno a cinque anni, ma la logica è la stessa.
 

Si dovrà aspettare il Codice Zanadrelli per vedere risorgere un principio della civiltà giuridica e cioè la distinzione tra diritto e morale. Nella Relazione sul primo Codice penale per il Regno d’Italia [1887], Titolo VIII “Delitti contro il buon costume e l’ordine delle famiglie”, Zanardelli scrive: “Nel determinare i fatti da comprendersi nel presente Titolo, il Progetto attuale, in conformità ai precedenti, si ispira a questo concetto fondamentale che, se occorre da un lato reprimere severamente i fatti dai quali può derivare alle famiglie un danno evidente ed apprezzabile o che sono contrarii alla pubblica decenza, d’altra parte occorre altresì che il legislatore non invada il campo della morale. In conseguenza, le sanzioni penali del Progetto non colpiscono tutti indistintamente i fatti che offendono il buon costume e l’ordine delle famiglie, ma quelli soltanto che si estrinsecano coi caratteri della violenza, dell’ingiuria, della frode o dello scandalo, la repressione dei quali è più vivamente reclamata nell’interesse sociale. Quindi non sono incriminate le azioni che non hanno quei caratteri, e l’indagine delle quali farebbe trascendere oltre i suoi giusti confini l’opera legislativa.”
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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta sul Forum di Progetto Gay:
http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=20&t=2498 

RADICI LEGALI DELLA OMOFOBIAultima modifica: 2012-06-02T18:37:27+02:00da gayproject
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