Lo sviluppo psico-sessuale nel periodo della preadolescenza (età della scuola media) e dell’adolescenza (dai 13/14 anni fino ai 18/19) dipende in modo molto forte dai livelli di socializzazione. All’età della scuola media la spinta allo sviluppo psico-sessuale viene essenzialmente dal gruppo dei pari. Un ragazzo tra gli 11 e 13 anni sente il gap notevole che lo separa del mondo adulto e tende spontaneamente a integrarsi nel gruppo dei suoi coetanei. La scuola media non ha solo la funzione di istruire ma anche di favorire la socializzazione tra i ragazzi che è assolutamente fondamentale nello sviluppo della sessualità dei ragazi. Accanto alla scolarizzazione che è un’abitudine alla disciplina troviamo altre forme importantissime di esperienze che si realizzano nell’ambiente scolastico o intorno ad asso ma al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte degli adulti. I ragazzi sono indotti a socializzare, a fare attività sportiva in comune e hanno più volte occasione di rimanere in piccoli gruppi, anche di due sole persone, e di parlare così di argomenti che non affronterebbero mai con gli adulti o che con gli adulti potrebbero affrontare solo in modo formale. Attraverso questi contatti si creano le prime occasioni di parlare della sessualità. Ciò che per un adulto è ovvio in tema di sessualità non lo è affatto per un ragazzo tra gli 11 e 13 anni. Più o meno a quell’età si scopre la masturbazione e la socializzazione tra coetanei diminuisce di molto l’ansia di quella scoperta e in genere della scoperta della sessualità. I ragazzi apprendono l’idea della masturbazione dai discorsi dei coetanei e poi la mettono in pratica, oppure la scoprono in modo autonomo ma sono in grado di collegarla immediatamente ai discorsi che hanno sentito dai loro compagni. Al tempo della scuola media la scoperta della sessualità degli altri ragazzi avviene in modo spontaneo attraverso il dialogo. Ci si rende conto di come gli altri vivono la sessualità attraverso i loro discorsi e si ha spesso la possibilità di paragonare il proprio sviluppo sessuale (peli pubici, dimensione del pene) con quello degli altri ragazzi, attraverso la presenza nello spogliatoio che è un corollario tutt’altro che secondario dell’attività sportiva in comune. Si impara piano piano ad inserirsi nel gruppo dei pari abituandosi a parlare anche della propria sessualità e nello stesso tempo si sviluppa la disinibizione sessuale attraverso la nudità comune nello spogliatoio. Chiaramente, per un ragazzo che abbia già sperimentato le prime pulsioni omosessuali, la socializzazione nel gruppo dei pari è problematica il ragazzo percepisce chiaramente che termini come frocio, finocchio e simili si riferiscono ai suoi comportamenti sessuali e si trova di fronte a un bivio: 1) Fingere una socializzazione come se fosse etero; 2) Mettersi da parte e ridurre la socializzazione ai soli comportamenti formali. Il giovanissimo ragazzo gay sente il bisogno quasi fisico della presenza e della intimità dei suoi compagni ma nello stesso tempo li teme sentendoli diversi da sé. La maggior parte dei ragazzi sceglie la strada del fingersi etero che, non fosse altro, permette di ascoltare i discorsi a sfondo sessuale dei propri compagni. Questa scelta, per quanto difficile, è già il frutto di una certa consapevolezza e di un certo autocontrollo. I ragazzi che scelgono di isolarsi e di evitare il gruppo dei pari e per esempio preferiscono inserirsi in gruppi di ragazze che sentono meno aggressive, evitano completamente il confronto con gli altri ragazzi su temi sessuali e si privano della possibilità di ascoltare i loro discorsi e quindi di conoscere i loro comportamenti sessuali. In alcuni casi la chiusura rispetto al gruppo dei pari è talmente anticipata (prima della scoperta della masturbazione) che il ragazzo che si isola non ottiene all’età giusta l’input che potrebbe indurlo alla scoperta della masturbazione. La curiosità che permette di superare l’inibizione in questo campo viene molte volte proprio da quanto si è appreso nel gruppo dei pari, senza una socializzazione adeguata nel gruppo dei coetanei maschi la scoperta della masturbazione viene spesso posticipata e ciò rende più problematico lo strutturarsi della sessualità adulta. In ragazzo che si isola dal gruppo dei pari viene nello stesso tempo emarginato dagli altri ragazzi, che lo sentono diverso. L’autoemarginazione arriva al punto di non partecipare ad attività sportive in comune, a gite e a momenti tipici di forte socializzazione che assumono spesso valenze sessuali non secondarie. Bisogna sottolineare che, nella grande maggioranza dei casi, mentre il ragazzo che sceglie deliberatamente di fingersi etero per integrarsi comunque nel gruppo ha coscienza delle motivazioni delle sue scelte, il ragazzo che evita il gruppo dei pari non è consapevole delle motivazioni per le quale preferisce stare fuori dal gruppo. In diversi casi la consapevolezza della omosessualità sopravviene in età nettamente adulta per due distinte strade: 1) la prima conseguente ad esperienze spesso lunghe e ripetute di una sessualità etero sostanzialmente non soddisfacente; 2) l’altra conseguente alla cosiddetta asessualità. Ed è su questa che vorrei ora soffermarmi.
Alcuni ragazzi, che non provano nessuna pulsione eterosessuale, e che quindi non possono essere indotti da pressioni ambientali a sentirsi etero, finiscono per centrare “tutta” la loro vita si aspetti non sessuali. Si tratta di ragazzi che tendono a razionalizzare molto, che vanno molto bene a scuola, che riempiono la loro giornata di mille impegni, tutti ufficiali, nessuno cioè che consenta un contatto affettivo profondo, che si integrano meglio in un gruppo di ragazze per le quali comunque non provano né attrazione sessuale né interesse affettivo. Si tratta di ragazzi che rifuggono dall’uso di termini esplicitamente correlati alla sessualità e che tendono a dare alla loro sessualità una interpretazione esclusivamente fisiologica mettendo da parte i coinvolgimenti sessuali di tipo affettivo-emotivo. Alla base di questi meccanismi c’è spesso la negazione della masturbazione. Questi ragazzi, che non hanno scoperto la masturbazione intorno ai 12/13 anni, come accade di solito, possono finire per non praticarla mai, cosa certamente meno comune, o per praticarla al solo livello meccanico quindi senza tutto il supporto della fantasie masturbatorie che danno alla cosa una valenza psicologica fondamentale. In entrambi i casi, sia i ragazzi che non si masturbano accontentandosi delle polluzioni notturne, spesso non accompagnate da sogni erotici, o che lo fanno in modo meccanico, si privano per anni di una potenzialità di sviluppo psico-sessuale. Va sottolineato che questi ragazzi non sono consapevoli delle reali motivazioni del loro evitare la masturbazione, perché non hanno avuto un imprinting sessuale in questa direzione al momento opportuno. Quando un ragazzo che evita la masturbazione diventa cosciente di quello che è il comportamento comune, cosa che può accadere anche molto tardi, per quanto possa sembrare strano, a giustificazione del suo comportamento adotta altre motivazioni, a volte esterne, come: lo faccio per motivi di fede, oppure: un bravo ragazzo non fa queste cose, e altre volte interne e dirette: non ne sento il desiderio, e può realmente essere così. La visione che questi ragazzi hanno della masturbazione è ampiamente distorta e lo si capisce dalle notazioni negative con le quali ne parlano e forse più ancora dalla necessità di trovare delle motivazioni serie per masturbarsi. Va tenuto presente che questi ragazzi, mano mano che crescono vivono tutte le esperienze sessuali tipiche dei loro coetanei a livello fisiologico, dalla erezione, che tuttavia non li porta alla masturbazione, alla eiaculazione notturna che chiaramente per loro è più frequente e arriva ad essere quasi settimanale, ma da queste forme di sessualità solo fisiologica continua ad essere separata la parte sessuale-emotiva. Mentre ai temi della scuola media l’isolamento di un ragazzo dal gruppo dei pari può essere totale, col passare degli anni le occasioni di contatti aventi valenza sessuale possono aumentare. L’intolleranza del gruppo dei pari diminuisce con l’avanzare dell’età e in genere un gruppo di sedicenni ha già un modo di atteggiarsi, nelle relazioni interne tra i membri del gruppo, di tipo decisamente adulto, intorno a questa età, anche a seguito delle cosiddette amicizie amorose, molti ragazzi per i quali non era accaduto prima, ricevono un imprinting sessuale e cominciano a capire il senso della masturbazione e la sua valenza nell’ambito della sessualità. In alcuni casi la fase della scoperta della sessualità è ulteriormente posticipata anche fino ai 24/25 anni quando i ragazzi vivono isolati, non hanno accesso a internet e quindi alla pornografia che in qualche caso può avere valenza di stimolo. Fino al momento di presa di coscienza della loro sessualità, questi ragazzi vivono l’esperienza della “asessualità” che non è traumatica perché non è cosciente e perché manca il secondo termine di paragone. Prima o poi la vita stessa mette questi ragazzi di fronte alla loro sessualità talvolta in età pienamente adulta e in modo traumatico. Il momento della crisi arriva quando essi si rendono conto di andare in erezione quando stanno vicino a un ragazzo e di cominciare, finalmente, anche se tardivamente, a fare fantasie sessuali su quel ragazzo. Quando queste cose avvengono in età adulta a ragazzi che in pratica non hanno mai vissuto la loro adolescenza con le relative valenze sessuali, la scoperta apre la porta ad un mondo assolutamente sconosciuto, che con la razionalità non ha nulla a che vedere. Si tratta in sostanza di un’adolescenza ritardata, vissuta in età adulta, che comporta lo smantellamento degli schemi di interpretazione del sé costruiti nel corso degli anni. Un ragazzo che si avvia a vivere un’adolescenza ritardata avverte la difficoltà di relazionarsi con fenomeni che sono per lui sostanzialmente nuovi e che hanno una enorme forza emotiva. Alcuni ragazzi gay che vivono un’adolescenza ritardata assumono atteggiamenti che tendono alla sublimazione. Avvertono il trasporto verso un altro ragazzo ma lo leggono in chiave esclusivamente affettiva e non sessuale o meglio lo accettano in chiave sessuale ma solo fino all’erezione e continuano a evitare la masturbazione perché in realtà non sanno seriamente di che cosa si tratta e come possa essere vissuta. Per questi ragazzi, accettare l’idea di una fantasia sessuale strutturata che li porti alla masturbazione come modo di vivere a livello fantastico un contatto sessuale che non è realizzabile nella realtà, è oggettivamente molto difficile. Come sempre, nelle questioni relative alla psicologia sessuale non senso alcuna forma di tentativo che non derivi da una profonda e autonoma esigenza. Già il fatto di arrivare a parlare di queste cose ha un significato importante perché le sdrammatizza e aiuta a vederle per quello che sono realmente evitando che si strutturino dei veri e propri complessi di impossibilità. Un messaggio rassicurante mi sento di darlo senza esitazioni: l’adolescenza ritardata si supera in modo spontaneo, non occorrono forzature, che anzi sono controproducenti. La scoperta della propria sessualità è e resta a tutte le età uno dei viaggi più entusiasmanti della vita. Ciò che conta è non chiudersi al confronto con gli altri e accettare quello che si è con tutte le proprie pulsioni, accettare cioè e non rimuovere la propria sessualità. La gratificazione che viene a un ragazzo dal vivere la propria sessualità in modo sereno, libero, senza condizionamenti, migliora notevolmente la qualità della vita e la rende più autenticamente umana.
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