OMOSESSUALITÀ FEMMINILE – prima parte

Sto traducendo, per arricchire la Biblioteca di Progetto Gay, il famoso volume di Havelock Ellis “Sexual Inversion”. Qui di seguito potete leggere la mia traduzione italiana della prima parte del capitolo dedicato all’omosessualità femminile (seguo come al solito il testo della terza edizione, del 1927).

Premetto che, anche se Progetto Gay si occupa essenzialmente di omosessualità maschile, mi è capitato più volte di essere contattato da ragazze e da donne omosessuali. L’impressione che ne ho riportato è che il modo di vivere l’omosessualità, nei suoi risvolti non solo sociali e familiari, ma anche psicoaffettivi, sia molto simile sia per gli uomini che per le donne. Alcune volte sono rimasto veramente colpito dal fatto che le mail delle ragazze fossero così strettamente sovrapponibili a quelle dei ragazzi che si trovavano in situazioni analoghe. Anche i colloqui in chat con le ragazze omosessuali differivano ben poco dai colloqui con i ragazzi omosessuali.

Non sono certo un esperto di omosessualità femminile e posso dire che la lettura del libro di Ellis ha sensibilmente ampliato i miei orizzonti in materia, penso quindi che sia estremamente utile far conoscere quello che Ellis scrive sulla omosessualità femminile. La prima parte del capitolo che tratta dell’argomento, riportata qui di seguito, è ancora di impostazione fortemente culturale, affronta in particolare il tema dell’omosessualità femminile nella letteratura e richiama il lettore sulla quantità e sulla qualità dei romanzi che hanno affrontato l’argomento, soprattutto nell’800 francese, passa poi ad un altro punto, questo veramente angosciante, presentando alcuni casi in cui l’omosessualità femminile è stata causa di omicidi o di suicidi. Ovviamente Ellis è mille miglia lontano dal ritenere che l’omosessualità femminile sia essenzialmente una questione criminologica, come sarà ben evidente dalla lettura del seguito del capitolo e soprattutto delle Storie ad esso accluse.

Prima di lasciare la parola ad Ellis vorrei accennare brevemente ad un personaggio femminile estremamente complesso, citato da Ellis, come Cristina di Svezia, unica figlia di un re luterano (Gustavo Adolfo II) campione della lotta contro il papato nella guerra dei trent’anni. Cristina divenuta regina a 18 anni, abdicò a 28, lasciò la Svezia e, dopo aver a lungo viaggiato per tutta l’Europa si stabilì a Roma, si convertì al Cattolicesimo e, dopo la morte avvenuta a 62 anni, fu sepolta in San Pietro, perché aveva offerto al papa un facile trionfo (a costo zero) contro il luteranesimo. La regina fu molto chiacchierata per i suoi presunti amanti come il cardinale Decio Azzolino e il marchese Monaldeschi; in realtà Cristina abdicò per motivi che non ci sono noti quando si avvicinava per lei il tempo di un possibile matrimonio. Si sa che ebbe una tenera amicizia, e forse una vera storia d’amore con Ebba Sparre, con la quale mantenne una affettuosa corrispondenza epistolare anche quando era ormai lontana dalla Svezia. Dato il rango di Cristina, e, nella seconda parte della sua vita, dato il ruolo particolarissimo che ebbe per il papato nella sua lotta contro il luteranesimo, era ancora lecito attribuirle amanti uomini, ma nessuno avrebbe osato accusarla apertamente di omosessualità. È noto che Cristina fece trucidare in Francia in marchese Monaldeschi, a quanto si disse per il suo ambiguo ruolo politico, o, come qualcuno afferma,  perché, dopo essere stato amante della regina l’aveva tradita con un’altra donna, ma vi è un’ipotesi “non palesemente infondata” secondo la quale la regina avrebbe fatto trucidare il marchese Monaldeschi, tra l’atro in modo atroce, perché questi era arrivato a capire che Cristina era omosessuale e poteva quindi ricattarla. La storia ha sempre molte facce e il personaggio di Cristina di Svezia andrebbe studiato a fondo proprio a partire dalla sua omosessualità che è ben più che un’ipotesi.

Buona lettura.

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L’INVERSIONE SESSUALE NELLE DONNE

L’omosessualità non è meno comune nelle donne che negli uomini. Nella teoria serio-comica del sesso fornita da Aristofane nel Simposio di Platone, maschi e femmine sono posti su un piano di completa parità, e, per quanto la teoria sia fantastica, è sufficiente per indicare che alla mente greca, così abituata all’omosessualità, sembrava che le sue manifestazioni si presentassero più o meno nella stessa misura nelle donne come negli uomini. Cosa che avviene realmente. Come altre anomalie, infatti, nelle sue forme più pronunciate si può incontrare meno frequentemente nelle donne; nelle sue forme meno pronunciate, quasi certamente, è invece più frequente. Un confessore cattolico, a quanto mi ha detto un amico, lo ha informato che per ogni uomo che ammette pratiche omosessuali ci sono tre donne che ammettono pratiche analoghe. Per la maggior parte l’omosessualità femminile corre ovunque su una rotta parallela a quella maschile e si riscontra nelle medesime condizioni. È comune nelle ragazze come nei ragazzi; si è scoperto che in determinate condizioni, abbonda tra le donne nei collegi, nei conventi e nelle prigioni, come pure nelle condizioni ordinarie della società. Quello che fu forse il primo caso di omosessualità registrato in dettaglio si è verificato in una donna, [1] e fu con le indagini su di un caso del genere in una donna che Westphal si può dire che abbia inaugurato lo studio scientifico dell’inversione.

Inoltre, l’inversione ha la stessa probabilità di essere accompagnata da elevata capacità intellettuale in una donna come in un uomo. L’importanza di una chiara concezione dell’inversione è anzi, per certi aspetti, nelle attuali condizioni sociali, in realtà ancora maggiore nel caso delle donne che degli uomini. Infatti, se, come è talvolta stato detto della nostra civiltà, “questo è un mondo di uomini”, il fatto che ci sia una grande percentuale di donne invertite di grandi capacità, le cui qualità maschili rendono relativamente facile per loro adottare occupazioni maschili, diventa un fatto altamente significativo. [2]

È stato osservato a proposito delle donne illustri in tutti i tempi e in tutti i settori di attività, che esse hanno mostrato spesso alcuni tratti maschili. [3] Anche “la prima grande donna della storia”, come è stata chiamata da uno storico dell’Egitto, la regina Hatschepsu, era chiaramente di temperamento marcatamente virile, e lei stessa si rappresentava nei suoi monumenti in abiti maschili, e anche con una barba finta. [4] Altre regine famose, su basi più o meno solide, sono state sospettate di temperamento omosessuale, come Caterina II di Russia, che sembra sia stata bisessuale, e la regina Cristina di Svezia, i cui tratti maschili molto marcati e la cui grande intelligenza sembrano essersi combinati con un temperamento decisamente omosessuale o bisessuale. [5]

Grandi leader religiose e morali, come Madame Blavatsky e Louise Michel, sono state o omosessuali o bisessuali o, almeno, di pronunciato temperamento maschile. [6] Grandi attrici dal XVIII secolo in poi sono state spesso, più o meno correttamente, identificate con l’omosessualità, come anche molte donne che si sono distinte in altre arti. [7] Soprattutto, Saffo, la più grande delle poetesse, alla pari con i più grandi poeti dell’altro sesso nel potere supremo di unire arte e passione, ha lasciato un nome che è permanentemente associato con l’omosessualità.

Non si può certamente dire che a proposito di Saffo ci sia un’opinione unanime, e le informazioni attendibili su di lei, al di là dell’evidenza dei frammenti delle poesie, che ci sono rimasti, sono scarse. La sua fama è sempre stata grande; in epoca classica il suo nome è stato messo insieme a quello di Omero. Ma anche per l’antichità era un po’ un enigma, e molte leggende sono cresciute intorno al suo nome, come la storia per noi familiare che si sia gettata in mare per amore di Faone. Ciò che rimane chiaro è che fu considerata con grande rispetto e grande ammirazione dai suoi contemporanei, che era di famiglia aristocratica, che probabilmente era sposata e aveva una figlia, che un tempo era stata coinvolta in un esilio politico e che si rivolgeva alle sue amiche in termini esattamente simili a quelli usati da Alceo verso i giovani. Sappiamo che nell’antichità l’omosessualità femminile era considerata particolarmente comune a Sparta, a Lesbo, e a Mileto. Orazio, che aveva la possibilità di leggere le poesie complete di Saffo, afferma che gli oggetti del suo amore-lamento erano le ragazze di Lesbo, mentre Ovidio, che ebbe un ruolo così considerevole nel tessere storie fantastiche intorno al nome di Saffo, non pretese mai che avessero un qualsiasi fondamento di verità. Era inevitabile che i primi cristiani attaccassero aspramente una figura così ambigua, e Taziano (Oratio ad Graecos, cap. 52) rimproverava i Greci che onoravano statue della tribade Saffo, una prostituta che aveva celebrato la sua lascivia e la sua infatuazione. Il risultato è che in tempi moderni ci sono stati alcuni che hanno messo il personaggio di Saffo in cattiva luce e altri che sono andati all’estremo opposto verso un tentativo di “riabilitazione”. Così, W. Mure, nella sua History of the Language and Literature of Ancient Greece  (1854, vol. III, pp. 272-326, 496-8), che si occupa di Saffo in modo completo, è disposto ad accettare molte delle storie peggiori su di lei, anche se senza una spiccata animosità, e, per quanto riguarda l’omosessualità femminile, che egli considera “molto più veniale” dell’omosessualità maschile, egli osserva che “in tempi moderni ha annoverato fra i suoi seguaci donne veramente distinte per la raffinatezza dei costumi e le realizzazioni eleganti “. Bascoul, d’altra parte, non accetterà affermazioni circa Saffo che siano in conflitto con i moderni ideali di totale rispettabilità, e addirittura cerca di riscrivere la sua più famosa ode in conformità con il senso letterale incolore che si presume che essa avesse originariamente (J. M. F. Bascoul, La Chaste Sappho et le Mouvement Feministe à Athènes, 1911). Anche Wilamowitz-Moellendorff (Sappho und Simonides, 1913) riporta la visione antiquata, già sostenuta da Welcker, secondo la quale l’attribuzione a Saffo dell’omosessualità è un’accusa di “vizio”, che deve essere ripudiata con indignazione. La maggior parte degli autori competenti e affidabili oggi, tuttavia, pur respingendo le superfetazioni di leggenda intorno al nome di Saffo e non contestando la pretesa di rispetto, non è disposta a mettere in discussione il carattere personale e omosessuale delle sue poesie. “Tutta la tradizione antica e il carattere dei suoi frammenti che sono arrivati fino a noi”, spiega il Prof. J. A. Platt (Encyclopedia Britannica, 11. Ed., Art. “Sappho”), “dimostrano che la sua moralità era quella che è da allora conosciuta come ‘lesbica.'” Che cosa realmente questa “moralità lesbica” comportasse, non lo possiamo davvero esattamente accertare. “È del tutto inutile”, come osserva A. Croiset a proposito di diSaffo (Histoire de la Littérature Grecque, Vol. II, cap. V), “discutere l’esatta qualità di questa amicizia o di questo amore, o cercare di definire con esattezza quelle frontiere che il linguaggio stesso spesso sembra cercare di confondere, tra un’amicizia più o meno estetica e sensuale e un amore più o meno platonico “. (Vedi anche J. M. Edmonds, Sappho in the Added Light of the New Fragments, 1912). Iwan Bloch conclude in maniera analoga (Ursprung der Syphilis, Vol. II, 1911, p. 507), che Saffo probabilmente combinava (cosa che la ricerca moderna dimostra di essere facilmente possibile) alti sentimenti ideali e appassionata sensualità, esattamente come accade in un amore normale.

Va anche detto che in letteratura l’omosessualità nelle donne ha fornito un motivo molto più frequente all’artista di quanto non abbia fatto l’omosessualità negli uomini. In realtà, tra i Greci, l’omosessualità nelle donne riceve raramente una consacrazione letteraria, e nella rinascita dello spirito classico, nel Rinascimento l’omosessualità si esprimeva soprattutto verso gli adolescenti di sesso maschile, come si vede, per esempio, nell’Adone di Marino. Dopo quel periodo l’inversione maschile fu per un lungo periodo raramente toccata dalla letteratura, se non succintamente e in tono satirico, mentre l’inversione nelle donne diventa un argomento che può essere trattato nei minimi dettagli e anche con compiacenza. Molti poeti e romanzieri, soprattutto in Francia, potrebbero essere citati per darne dimostrazione.

Ariosto, è stato sottolineato, ha descritto le attrazioni omosessuali delle donne. Il famoso romanzo di Diderot, La Religieuse, che, quando fu pubblicato, si credette fosse stato effettivamente scritto da una suora, si occupa delle torture a cui una suora era assoggettata dalla perversa lubricità della sua badessa, per la quale, si dice che Diderot abbia trovato un modello nella badessa di Chelles, una figlia del Reggente e quindi un membro di una famiglia che da diverse generazioni aveva mostrato una marcata tendenza all’inversione. Il racconto di Diderot è stato descritto come una rappresentazione fedele dei fenomeni omosessuali che possono verificarsi nei conventi. L’omosessualità femminile, soprattutto nei conventi, era spesso presa in considerazione meno seriamente nel XVIII secolo. Così troviamo una scena omosessuale Les Plaisirs du Cloître, una commedia scritta nel 1773 (Le Théâtre d’Amour au XVIIIe Siècle, 1910.) Balzac, che ha trattato tanti aspetti psicologici dell’amore in un modo più o meno velato, ha toccato anche questo aspetto in  La Fille aux Yeux d’Or, in modo vago e romanticamente stravagante. Gautier fece delle avventure di una donna predisposta all’omosessualità che lentamente se ne rendo conto, il motivo centrale della sua meravigliosa storia d’amore, Mademoiselle de Maupin (1835). Si avvicinò al soggetto puramente come artista e poeta, ma il modo di trattarlo mostra notevole intuizione. Gautier basò la sua storia d’amore, in una certa misura, sulla vita di Madame Maupin o, come lei preferiva farsi chiamare, Mademoiselle Maupin, che, nata nel 1673 (il nome di suo padre era d’Aubigny), vestiva da uomo, e divenne famosa come insegnante di scherma e in seguito come cantante d’opera. Era apparentemente di temperamento bisessuale e la sua devozione per le donne la condusse a varie avventure. Alla fine entrò in un convento, e morì, all’età di 34, con una fama di santità. (E. C. Clayton, Queens of Song, vol I, pp, 52-61; F. Karsch, “Mademoiselle Maupin,” Jahrbuch für sexuelle Zwischenstufen, vol v, 1903, pp 694-706.). Uno scrittore ancora più grande, Flaubert, in Salammbô (1862) ha creato la sua eroina omosessuale. Zola ha descritto l’inversione sessuale in Nana e altrove. Una trentina di anni fa, un romanziere popolare, A. Belot, ha pubblicato un romanzo intitolato Mademoiselle Giraud, ma femme, che è stato molto letto; il romanziere ha preso l’atteggiamento di un moralista che è destinato a trattare con franchezza, ma anche con decorosa adeguatezza, un argomento di crescente gravità sociale. La storia è quella di un uomo la cui sposa non gli permetterà di accostarsi a lei a causa del legame che lei aveva con un’amica, legame che continuò dopo il matrimonio. Questo libro sembra aver dato origine a un gran numero di romanzi, alcuni dei quali hanno trattato la questione dimostrando un’adeguatezza assai minore. Tra gli altri romanzieri che hanno affrontato la questione si possono citare Guy de Maupassant (La Femme de Paul), Bourget (Crime d’Amour), Catulle Mendès (Méphistophéla), e Willy nella serie Claudine.

Tra i poeti che hanno utilizzato il motivo dell’omosessualità nelle donne con più o meno audacia si possono trovare Lamartine (Regina), Swinburne (prima serie di Poems and Ballads), Verlaine (Parallèlement), e Pierre Louys (Chansons de Bilitis). Quest’ultimo libro, una raccolta di poemi omosessuali in prosa, ha attirato una notevole attenzione al momento della pubblicazione, perché rappresentava un tentativo di mistificazione, in quanto il libro fu presentato come una traduzione delle poesie di una poetessa greca orientale appena scoperta; Bilitis (più spesso Beltis) è il nome siriano di Afrodite. Les Chansons de Bilitis non sono prive di fascino, ma sono state trattate con severità da Wilamowitz-Moellendorff  (Sappho und Simonides, 1913, pag. 63 e segg.) come “una parodia dell’ellenismo” che tradiva una conoscenza inadeguata dell’antichità greca.

Più interessanti, perché opera di una donna che non era solo di grande talento, ma lei stessa di temperamento omosessuale, sono i vari volumi di poesie pubblicate da “Renée Vivien”. Questa signora, il cui vero nome era Pauline Tarn, nacque nel 1877; suo padre era di origine scozzese, e sua madre era una signora americana che veniva da Honolulu. Da bambina fu portata a Parigi, e fu educata come una ragazza francese. Viaggiò molto e una volta prese casa a Mitilene, il capoluogo dell’antica Lesbo. Amava la solitudine, odiava la pubblicità e si dedicava alle sue amiche, in particolare ad una di esse, la cui morte precoce, intorno al 1900, fu il grande dolore della vita di Pauline Tarn. È descritta come molto bella, molto semplice e dolce di carattere e molto abile in molte direzioni. Soffriva, però, di sovratensioni nervose e di malinconia incurabile. Verso la fine della sua vita si convertì al cattolicesimo e morì nel 1909, all’età di 32 anni. È sepolta nel cimitero di Passy. Il suo migliore verso è da alcuni considerato tra i più belli in lingua francese. (Charles Brun, “Pauline Tarn,” Notes and Queries, 22 agosto, 1914, lo stesso scrittore, che la conosceva bene, ha anche scritto un opuscolo, Renée Vivien, Sansot, Parigi, 1911.) I suoi principali volumi di poesie sono Etudes et Preludes (1901), Cendres et Poussières (1902), Evocations(1903). Un romanzo, Une Femme M’Apparut  (1904), si dice che sia in qualche modo autobiografico. “Renée Vivien”, ha scritto anche un volume su Saffo con delle traduzioni, e un ulteriore volume di poesie, Les Kitharèdes, suggerito dai frammenti che restano delle poetesse minori della Grecia, seguaci di Saffo.

È, inoltre, un fatto degno di nota che una percentuale decisamente grande dei casi in cui l’omosessualità ha portato a crimini di violenza, o comunque è finita sotto l’esame del medico-legale, sia composta da donne. È ben noto che la parte assunta dalle donne in generale nella criminalità visibile, e soprattutto nei reati di violenza, è piccola rispetto a quella degli uomini. [8] Nel campo omosessuale, come avremmo potuto presupporre, le condizioni sono in qualche modo capovolte. Gli uomini invertiti, nei quali si ritrova così spesso un temperamento più o meno femminile, sono raramente spinti ad atti di violenza aggressiva, anche se spesso si suicidano. Le donne invertite, che possono mantenere la loro emotività femminile combinata con un certo grado di impulsività infantile e di energia maschile, presentano un terreno favorevole per i semi del crimine passionale, in quelle condizioni di gelosia e di emozioni relative che devono così spesso entrare nella vita di un invertito.

Il primo cospicuo esempio di questa tendenza negli ultimi tempi è il caso Memphis (1892) negli Stati Uniti. (Arthur Macdonald, “Observation de Sexualité Pathologique Feminine,” Archives d’Anthropologie Criminelle, May, 1895; vedi anche Krafft-Ebing, Psychopathia Sexualis, traduzione inglese, della decima dizione, p. 550.) In questo caso un’invertita sessuale congenita, Alice Mitchell, programmò un matrimonio con Freda Ward, prendendo un nome maschile e abiti maschili. Questo progetto fu frustrato dalla sorella di Freda, e Alice Mitchell poi tagliò la gola a Freda. Non c’è ragione di supporre che lei fosse pazza al momento dell’omicidio. Era una invertita tipica di un tipo molto fortemente definito. Sua madre era stata pazza e aveva impulsi omicidi. Lei stessa era considerata squilibrata, ed era maschile nelle sue abitudini fin dai suoi primi anni. Il suo viso era ovviamente asimmetrico e aveva un aspetto di giovinezza al di sotto della sua età. Non era viziosa, e aveva poca conoscenza di questioni sessuali, ma quando baciava Freda si vergognava di farsi vedere, mentre Freda non vedeva alcun motivo per vergognarsi. Fu giudicata pazza.

Ci sono stati numerosi casi in America più di recente. Un caso (per alcuni dettagli del quale sono in debito con il dottor J. G. Kiernan, di Chicago) è quello delle “Sorelle Tiller”, due meticce, che per molti anni avevano agito insieme con tale denominazione nei teatri a buon mercato. Una, che era invertita, con un orrore per gli uomini risalente all’inizio fanciullezza, era sessualmente attaccata all’altra, che non era un’invertita innata, e alla fine fu indotta da un uomo a lasciare l’invertita. Quest’ultima, vinta dalla gelosia, irruppe nell’appartamento della coppia e sparò all’uomo uccidendolo. Fu giudicata, e mandata in prigione per tutta la vita. Fu tentata una difesa basata sulla follia, ma per questo non c’era nessuna prova. In un altro caso, anche questo verificatosi a Chicago (riportato in Medicine, giugno 1899, e in Alienist and Neurologist, ottobre 1899), una infermiera professionale visse per quattordici anni con una giovane donna che la lasciò in quattro occasioni diverse, ma fu ogni volta indotta a tornare; alla fine, tuttavia, se ne andò e si sposò, dopo di che l’infermiera sparò il marito, che non rimase, però, ferito a morte. La colpevole, in questo caso, era stata sposata due volte, ma non aveva vissuto con nessuno dei suoi mariti; si disse che sua madre era morta in un manicomio, e che suo fratello si era suicidato. Lei fu accusata di condotta disordinata, e sottoposta ad una multa.

In un altro caso successivo a Chicago una ragazza russa di 22 anni, di nome Anna Rubinowitch, sparò per motivi di gelosia un’altra ragazza russa a cui era stata legatissima fin dall’infanzia, e poi si sparò e rimase uccisa. I rapporti tra le due ragazze erano stati molto intimi. Anna Rubinowitch era abituata a dire: “La nostra storia d’amore è puramente dell’anima, noi amiamo su un piano più alto di quello della terra.” (Mi risulta che ci sono stati in realtà rapporti fisici, gli organi sessuali erano normali.) La relazione continuò, con grande devozione da entrambe le parti, fino a quando l’”innamorata” di Anna cominciò a mostrarsi sensibile alle avances di un corteggiatore maschile. Questo suscitò una gelosia incontrollabile in Anna, il cui padre, si può notare, si era suicidato sparandosi qualche anno prima.

Le relazioni omosessuali sono anche una causa di suicidio tra le donne. Un caso del genere è stato segnalato in Massachusetts all’inizio del 1901. Una ragazza di 21 anni era stata curata nel corso di un periodo di prostrazione nervosa, a quanto pare di natura isterica, da un’amica e vicina di casa, quattordici anni più grande di lei, sposata e con figli. Un’amicizia intima crebbe, altrettanto ardente da entrambe le parti. La madre della donna più giovane e il marito dell’altra presero provvedimenti per porre fine all’intimità, e la ragazza fu mandata in una città lontana; incontri di nascosto, tuttavia, ancora si verificavano. Infine, quando gli ostacoli divennero insormontabili, la donna più giovane acquistò un revolver e deliberatamente si sparò alla tempia, in presenza della madre, morendo immediatamente. Anche se a volte pensava di agire in modo piuttosto strano, incontrava il favore di tutti, bella, molto atletica, appassionata di tutti gli sport all’aria aperta, una lavoratrice scrupolosa ed energica, in possesso di una bella voce, era un membro attivo di molti club e società. La donna più anziana apparteneva ad una famiglia aristocratica ed era amata e rispettata da tutti. In un altro caso, a New York, nel 1905, un capitano di marina in pensione, “il Capitano John Weed”, che aveva comandato navi transatlantiche per molti anni, fu ricoverato in una casa per vecchi marinai e poco dopo si ammalò e, scoraggiato, si tagliò la gola. Fu quindi rilevato che “il Capitano Weed” era in realtà una donna. Sono informato che lo sconforto del vecchio capitano e il duo suicidio erano dovuti alla  forzata separazione da una compagna.

L’infatuazione di giovani ragazze per attrici e altre donne importanti può occasionalmente portare al suicidio. Così a Filadelfia, qualche anno fa, una ragazza di 19 anni, appartenente ad una famiglia molto ricca, bella e altamente istruita, fu presa da una infatuazione assorbente per Miss Mary Garden, la prima donna, con la quale non aveva conoscenza personale. La ragazza si sarebbe inginocchiata in adorazione davanti al ritratto della cantante, e studiò per divenire parrucchiera e manicure, nella speranza di diventare cameriera di Miss Garden. Quando si rese conto che il suo sogno era senza speranza si sparò con una pistola. (Casi più o meno simili a quelli qui riportati si verificano di tanto in tanto in tutte le parti del mondo civilizzato. Cronache, per lo più da giornali correnti, di questi casi, così come di quelli di semplice travestitismo, o Eonismo, sia negli uomini che nelle donne, si potranno trovare nelle pubblicazioni del Berlin Wissenschaftlich-humanitären Komitee: Monatsberichte fino al 1909, poi in Vierteljahrsberichte, e dal1913 in poi in Jahrbuch für sexuelle Zwischenstufen.)

Eppure, fino a tempi recenti, relativamente poco si è conosciuto dell’inversione sessuale nelle donne. Ancora nel 1901 (dopo la pubblicazione della prima edizione di questo studio), Krafft-Ebing scrisse che erano stati registrati  a malapena una cinquantina di casi. Le principali monografie dedicavano solo poco spazio alle donne.

Lo stesso Krafft-Ebing, nelle edizioni precedenti della Psychopathia Sexualis, dedicò poca attenzione specifica all’inversioni nelle donne, anche se pubblicò alcuni casi. Moll, tuttavia, inserì un capitolo prezioso sul tema nel suo Konträre Sexualempfindung, raccontando numerosi casi, e l’inversione delle donne ha ricevuto anche una particolare attenzione nel presente studio. Hirschfeld, tuttavia, nel suo Homosexualität (1914) è stato la prima autorità in grado di affrontare l’omosessualità femminile come completamente coordinata con l’omosessualità maschile. Le due manifestazioni, maschile e femminile, sono collocate sulla stessa base e trattate insieme per tutto il lavoro.

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[1] Catharina Margaretha Lincken, che sposò un’altra donna, in qualche modo alla maniera della contessa ungherese Sarolta Vay (cioè con l’aiuto di un organo maschile artificiale), fu condannata a morte per sodomia, e giustiziata nel 1721 all’età di 27 anni (F. C. Müller, “Ein weiterer Fall von conträrer Sexualempfindung,” Friedrich’s Blätter für Gerichtliche Medizin, Heft 4, 1891). Il caso più studiato di inversione sessuale in una donna, nei tempi moderni è quello della contessa Sarolta Vay (Friedrich’s Blätter, Heft, 1, 1891; anche Krafft-Ebing, Psychopathia Sexualis, traduzione inglese della decima edizione, 416-427; riassunto anche nell’Appendice E delle precedenti edizioni del presente studio). Sarolta vestiva sempre come un uomo,  e si avventurò in uno pseudo-matrimonio con una ragazza che non sapeva del vero sesso di suo “marito”. Fu assolta e le fu permesso di tornarsene a casa e di continuare a vestirsi come un uomo.

[2] Anna Rüling ha alcune osservazioni su questo punto, Jahrbuch für sexuelle Zwischenstufen, vol. vii, 1905, p. 141 e seguenti.

[3] Questo, ovviamente, non indica affatto necessariamente l’esistenza di un’inversione sessuale come non la indica la presenza di tratti femminili in uomini eminenti. Ho precisato altrove (per esempio, Man and Woman, 5th ed., 1915, p. 488) che il genio in entrambi I sessi comporta frequentemente la coesistenza di tratti maschili, femminili e infantile.

[4] Molti riferimenti alla regina Hatschepsu sono dati Hirschfeld (Die Homosexualität, p. 739). La lista non molto critica, presentata da Hirschfeld, di persone omosessuali eminenti include 18 donne. Non sarebbe comunque difficile aggiungerne altre.

[5] Sophie Hochstetter, in uno studio sulla regina Cristina nello Jahrbuch für sexuelle Zwischenstufen (vol. ix, 1908, p. 168 e seguenti), la considera bisessuale, mentre H. J. Schouten (Monatsschrift für Kriminalanthropologie, 1912, Heft 6) arriva alla conclusione che fosse omosessuale, e crede che sia stato proprio il fatto che   Monaldeschi lo sapeva a spingere la regina ad istigare il suo assassinio.

[6] Confronta Hans Freimark, Helena Petrovna Blavatsky; Levetzow, “Louise Michel,” Jahrbuch für sexuelle Zwischenstufen, vol. vii, 1905, p. 307 e seguenti.

 [7] Rosa Bonheur, la pittrice, è un esempio particolarmente evidente di mascolinità pronunciata in una donna di genio. Spesso vestita da uomo, e quando vestiva da donna la sua aria mascolina di tanto in tanto attirava l’attenzione della polizia. Vedi la biografia di Theodore Stanton.

[8] C’è una certa discordanza di opinioni circa il fatto che ci sia meno delinquenza reale tra le donne (vedi Havelock Ellis, Man and Woman, sesta edizione, 1915, p. 469), ma qui si tratta di criminalità giudiziaria.

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OMOSESSUALITÀ FEMMINILE – prima parteultima modifica: 2016-02-03T17:46:45+01:00da gayproject
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