TI RACCONTO LA MIA STORIA, SENTINELLA

Ciao a tutti, ragazzi. Ogni tanto torno a pubblicare sul vostro forum perché spero sempre che possa servire… in questo caso vi nomino pure, quindi, mi sembra doveroso. Un saluto.

“Leggo un libro in piazza, lo faccio in piedi e silenziosamente… e mi sento dire a colpi di insulti e sbeffeggiamenti che sono omofobo e che mi dovrei vergognare. Non capisco.” Non capisci? Molto bene. Cara ‘sentinella in piedi’, ti racconto la mia storia… Sono Luca, ho 26 anni e vivo a Pisa. Sono stato battezzato, ho preso la prima comunione e la cresima… ho suonato in chiesa come organista, ho diretto un coro parrocchiale per sette anni, ho organizzato feste di carnevale per la mia parrocchia, ho suonato alla festa dei nonni, ho pregato accanto ai miei compaesani, ho fatto persino il catechista… e guarda un po’… TAN TAN!!!! Sono gay! Sono cresciuto come un bambino chiuso, schivo e insicuro. Alle elementari giocavo con le bambine a fare la ruota, invece di giocare a pallone coi miei compagni maschietti. All’allenamento coglievo margherite, invece di giocare sul campo. Alle medie ho dato un pugno a un mio compagno perché mi riteneva gay. Quando tornavo a casa da scuola piangevo in silenzio perché non capivo cosa avevo di diverso dagli altri. Mi sono fissato con una bambina e l’ho rincorsa per sei-sette anni, neanche ricordo più. Lei si prendeva gioco di me, diceva che le ragazze mi evitavano perché ero troppo ‘accomodante’. In prima superiore avevo un compagno di classe che mi soprannominò “stellina del Cuore” e mi diceva che ero una “checca isterica”. Ho subìto per tutto il periodo scolastico il bullismo attivo e passivo dei miei compagni. Io non capivo. Mi convincevo che mi piacesse questa o quella ragazza perché volevo amare una bimba, come i miei amici. Ho sempre nascosto la mia insicurezze amorose dicendo a tutti quelli che mi domandavano perché non avevo mai baciato una ragazza che ero sfortunato, che non ci riuscivo perché volevo prima ‘conoscerla’ e ‘vedere se mi piaceva davvero’, e poi inventavo scuse assurde per far credere a tutti che per questo o quel motivo non ero riuscito a combinare niente. Non so descrivere il dolore, la pressione esterna e lo stress emotivo che tutto questo comportava dentro di me. Un macigno psicologico distruttivo. Quando mi masturbavo, pensavo ai maschi, ma mi dicevo che non potevo essere gay, perché allora tutto quello per cui avevo combattuto sarebbe stato inutile. Dovevo cambiarmi, riuscire a sconfiggere queste attrazioni che la mia religione, la società e la mia infanzia mi avevano insegnato a disprezzare. Non poteva aver ragione il mio compagno delle medie, o quello delle superiori… io non potevo essere gay. Non sono mai stato felice, nemmeno quando finalmente ho fatto l’amore con una ragazza. Non ero felice, perché io avevo altri pensieri in mente, altri desideri che nel profondo mi tormentavano. La paura di aprirmi. La verità profonda è che mi sono innamorato, ripetutamente, per anni, di ragazzi, ma non lo potevo confessare ad anima viva. Una volta mi sono così tanto innamorato di un ragazzo che gli ho scritto una lettera tutti i giorni per più di un mese. Lui era lontano, ma io avevo preso il vizio di scrivergli e modificavo le sue fotografie su photoshop, solo per il gusto di guardarlo, per contemplare il desiderio di sfiorarlo e di dirgli che l’amavo. L’ho desiderato ardentemente per molto tempo. Ho attraversato il periodo più difficile della mia vita… ho deciso di aprire la mente alla possibilità che forse ero omosessuale. Un giorno, mi sono chiuso in camera. Era una sera tardi e i miei erano andati a letto. Con il cuore che mi batteva a mille ho aperto internet e ho cercato una chat per soli uomini. Mi sembrava il passo più difficile del mondo, l’impresa più ardua dell’universo… eppure… ho conosciuto un ragazzo. Era carino con me e mi faceva sentire bene, ci parlai per un mese. Nel frattempo mi iscrivevo al forum di Progetto Gay e facevo conoscenze di altri ragazzi che come me vivevano nella stessa situazione. Poi questo ragazzo l’ho voluto incontrare: era una sera in cui avevo la macchina. Ci demmo appuntamento in un parcheggio. Io non avevo altro desiderio che togliermi il pensiero, sconfiggere la paura. Lui tardò. Furono i momenti più difficili della mia vita. Ero solo, al buio, in un parcheggio, che aspettavo una persona che nemmeno avevo mai visto in carne ed ossa, con addosso la paura congelante di rivelare il vero me stesso a qualcuno, qualcosa che non avevo mai lontanamente osato immaginare fino a pochi mesi prima. Aprivo la porta, la richiudevo, abbassavo il finestrino, ma poi avevo freddo. Sudavo, volevo scappare lontano. Poi arrivò. Entrò nella mia auto e piano piano la paura diminuì. Parlammo per molto tempo ma non succedeva niente e io ebbi di nuovo la paura di bloccarmi, come mi era successo con le ragazze… e pensai di nuovo di essere un cretino, un fallito e stavo per ripiombare nella tristezza più assoluta. Lui mi chiese qualcosa tipo se stavo bene. Io risposi che non stavo bene e lui mi baciò. Tutti i pensieri, le paure, il desiderio di scappare svanirono a poco a poco che mi lasciavo andare a quel bacio che durò un sacco di tempo. Tornando verso casa, guidando, pensai di essere felice, ma invece iniziava un altro periodo difficile. Iniziava la mia doppia vita. Mentivo a tutti: amici, parenti e conoscenti, senza distinzione. Mi sentivo un mostro quando i miei più cari amici e amiche mi chiedevano come stavo, come andava… e nella gioia e nel dolore non potevo condividere con nessuno i miei veri sentimenti. Avevo paura del giudizio… ero convinto che mio padre mi avrebbe odiato, che a qualche persona a cui volevo bene non sarebbe piaciuta la cosa, che qualcuno mi avrebbe preso in giro di nuovo. Ma soprattutto avevo paura di inaugurare la mia nuova vita, perché io, alla fine, la mia vita non avevo ancora iniziato a viverla. Ho vissuto per tanto tempo la doppia vita etero-gay ed è stato psicologicamente molto stressante. Costruire una bugia per vedere un ragazzo, un’altra per mentire ai genitori… sperare che l’una e l’altra mai si confrontassero. La continua paura di essere scoperto. Tempo dopo conobbi il mio attuale ragazzo. Andavo da lui a Firenze piuttosto spesso e ci mettemmo subito insieme. Con lui è iniziata la risalita che mi ha portato a questo scritto di oggi in cui anche le poche persone che ancora non sanno di me, lo vengono a sapere così, con questo atto un pochino plateale. Ma non me ne importa proprio niente, tanto non lo leggeranno tutti e comunque non è il motivo per cui scrivo. Sapete cosa mi ha fatto coraggio ad aprirmi a tutti, piano piano, a piccole dosi? Una certa mia amica che mi ha sempre incoraggiato, e la famiglia del mio ragazzo. Da lui ho vissuto per la prima volta in assoluto in una famiglia come il vero Luca, che non deve niente a nessuno e che non si deve nascondere. Mi sono sentito accettato da subito, ben voluto, ammirato e nessuno di loro ha mai messo l’accento sulla mia sessualità, sul fatto che io e il mio ragazzo siamo due uomini e quindi questo è strano o buffo. Mi hanno fatto vivere l’amore familiare in modo unico e speciale. Insieme abbiamo fatto pranzi, cene, abbiamo portato la nipotina al parco, fatto filmini per matrimoni, portato a spasso il cane. Abbiamo fatto la spesa, giocato a carte, guardato un film, discusso di politica. Li ho sentiti vicini sempre e ho capito che la vera famiglia è quella in cui non devo dire a nessuno se sono gay o meno. Non mi devo affibbiare un’etichetta. Per la prima volta in vita mia sono stato felice perché non importava più chi mi piaceva e come dovevo essere… importava solo che ero Luca e loro mi volevano bene, andava tutto bene. Così è stato allo stesso tempo con la mia più cara amica, che quando mio padre ancora non sapeva, ospitava me e il mio ragazzo a casa sua: anche con lei ne abbiamo fatte tante. Visite alla Certosa, un capodanno, tanti momenti di gioco, di chiacchiere, di risate e affetto vero. Abbiamo vissuto momenti belli facendo passeggiate sull’argine, mangiando gelati e ascoltando opere insieme. Anche qui mi sono sentito amato e mi è sembrato il paradiso, perché mai prima mi ero sentito così. Finalmente anche in casa mia ho potuto vivere liberamente e completamente accettato e ora non sono più il ragazzino insicuro che ero prima e mai mi sono sentito discriminato, perché nessuno dei miei amici e conoscenti, nessuno in assoluto mi aveva mai rifiutato per quello che sono… fino a oggi. E qui mi rivolgo direttamente alla ‘sentinella in piedi’ a cui, forse qualcuno se lo sarà dimenticato, questa lettera era indirizzata. Oggi, cara sentinella, sono andato al pranzo per festeggiare il mio parroco che compiva ottant’anni. Ci sono andato come il Luca che sono adesso, quello gay, ma nessuno lì si accorge di niente perché danno tutti per scontato che chiunque sia etero. Tu, sentinella, dici di non capire perché le persone ti insultavano e ti dicevano che eri omofobo. La tua forma di protesta, così longilinea e silenziosa è forse una delle più insensibili e aggressive che io abbia avuto occasione di vedere. Mi spieghi per quale ragione al mondo io, uomo gay, che faccio parte della tua parrocchia, dovrei sentirmi dire che la mia famiglia, quella del mio ragazzo, e quella della mia amica, che ci hanno accolto con amore e spensieratezza, non è una vera famiglia? Mi spieghi perché, con tutto quello che ho passato, io dovrei stare in silenzio mentre tu manifesti silenziosamente contro i miei diritti? Mi spieghi perché, dopo tutte le sofferenze che l’essere gay mi ha procurato (a causa anche della dottrina che tu profetizzi), dovrei permetterti di diffondere un credo che mi danneggia apertamente? Ti voglio dire anche un’altra cosa, sentinella. Io non mi sono sentito molto parte di quella contro manifestazione, oggi… perché alcuni cori e cartelli per me non erano assolutamente pertinenti né civili… Ritengo di avere una grande componente spirituale dentro di me, ci pensavo proprio oggi, mentre ti guardavo. Ritengo di avere una vasta componente spirituale che mi sostiene giorno dopo giorno e credo che sia Dio ad avermela donata, come mi ha donato la vita. Per il mio Dio se sono gay o meno non fa differenza. Per il mio Dio conta solo se faccio della mia giornata una buona giornata per il prossimo e se metto al centro della mia vita l’amore verso gli altri e POI quello verso me stesso. (il contrario di quello che facevi tu oggi). Non lo dico per provocarti, ma solo perché è quello che vivo tutti i giorni. Ho tante persone che mi amano, passo le giornate a crogiolarmi nell’affetto delle persone a me vicine e posso dire con sincerità che la mia sessualità non importa proprio a nessuno, grazie al cielo. Con mia somma incredulità l’ho dovuto ammettere: non gliene frega proprio un cavolo a nessuno! Sono costretto a tirarla fuori solamente per difendermi da persone come te, che sei l’unico a cui evidentemente importa qualcosa se io mi sposo o adotto un bambino… ma perché ti importa, sentinella? Perché ti importa dirmi come devo vivere…? Perché ci tieni tanto a dirmi che la tua famiglia è naturale e la mia invece no?… Sei l’unico che si preoccupa di queste cose… ma guardati intorno: a nessuno gliene frega proprio nulla… se torni a casa e il libro te lo leggi nel tuo salotto è molto meglio, per tante ragioni: hai la tua famiglia intorno (che è assolutamente stata prodotto “naturale”), una poltrona sulla quale sederti (perché dai, diciamocelo, stare in piedi un’ora è piuttosto scomodo), potresti davvero leggere quel libro (non venirmi a dire che sei riuscito a leggere qualcosa stando in piedi in piazza dei cavalieri) e non avresti persone che ti urlano contro che sei omofobo (non fa piacere a nessuno venire insultato, specie quando non si ritiene di essere meritevoli di tale offesa)… quindi, ti scongiuro, sentinella, deponi il libro in libreria e vieni a passare qualche giorno con me, se proprio non ci credi… ti mostrerò come alla fine, che ti piaccia o no, le cose che faccio io sono le stesse che fai tu. Le persone mi amano tanto quanto amano te, e per quante parole o motivazioni tu possa trovare (anche tra le più folkloristiche e stravaganti), l’unica differenza che intercorre tra me e te è che a me piace il pene e a te la vagina (se sei uomo)… altrimenti abbiamo qualcosa in comune di cui parlare, cara sentinellA (se sei donna). Alla fine, tutto si riduce a questo: o a un pene o a una vagina. Ed è veramente triste vederti così spaventato da un organo genitale (che potrebbe essere anche quello che hai tra le gambe), lo devo dire. Se non volete il matrimonio gay c’è una cosa da fare: assicurarvi di possedere i seguenti requisiti:

1) Essere etero

2) Avere un partner etero

3) Avere una legge che vi consenta di sposarvi

Cercare di ostacolare la vita al prossimo protestando affinché il punto 3 non venga concesso ai gay non è un requisito essenziale, ma è certamente un requisito per risultare antipatici alla stragrande maggioranza dell’umano consorzio. Infine: Se un giorno dovessi decidere di sposarmi e avere dei figli tu non me lo potrai impedire, per tanti motivi, primo tra i quali il fatto che mi basta varcare il confine per ottenere quello che voglio. Quindi ti prego, sentinella, cerca di capire che il tuo modo di porti ferisce gli animi di tanti bambini/e, adolescenti e donne e uomini come me… che ci sono cose molto più importanti di questa legge contro cui combattere, che lo si può fare insieme. Cerca di pensare che, per quanto “naturale” possa essere la tua bellissima numerosissima e splendida famiglia, anche tuo figlio/a potrebbe essere gay e che potrebbe, proprio in questo momento, vivere nell’incubo di dirti la verità, a causa del tuo credo discriminante. Quello che vai chiedendo per le piazze è la negazione di un diritto dell’uomo che spetta a me quanto a te. E questo dovrebbe accomunarci, non dividerci. Cordialmente, Luca.

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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta sul forum di Progetto Gay: http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=73&t=4834

TI RACCONTO LA MIA STORIA, SENTINELLAultima modifica: 2014-10-07T02:12:46+02:00da gayproject
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