CORAGGIO GAY E COMING OUT – ESPERIMENTI DI NORMALITA’

Riporto qui in un post specifico il commento di Ritter (dell’11/1/2008 al post “Prove di coppia di due ragazzi gay”), che ho intitolato:” CORAGGIO GAY E COMING OUT”. Lo faccio per dare a quel commento la massima visibilità sui motori di ricerca. Ringrazio in modo sentitissimo Ritter di un contributo di questo spessore. Alla fine del testo di Ritter aggiungo alcune mie considerazioni.

__________

Cari tutti, è da un po’ che non scrivo sul blog…

In questi giorni meditavo parecchio… sulle tante cose che stanno accadendo nel blog… sulle questioni della mia vita… sono sempre un po’ stordito per così dire. Troppe cose troppo importanti che accadono tutte in uno stesso momento… ti scuotono e ti lasciano inerme.

Vengo al sodo… credo di aver raggiunto una verità di fede per quanto ci riguarda in questi giorni.  Ed è una cosa che è stata già spesso discussa…  Ragazzi, insomma, sono sicuro al 100% che sia necessario uscire allo scoperto. Bisogna che impariamo a vivere quello che siamo alla luce del sole. Dobbiamo essere noi stessi i primi non solo a capire che non siamo topi di fogna ma ANCHE agire di conseguenza.  So che Project in particolar maniera ha una visione piuttosto diversa da questa… ma ne sono assolutamente certo di quello che dico. E stavolta non sto facendo teoria: è difficile dirlo ai nostri genitori (spesso), è vero che finché abbiamo 21 anni, o 24 o giù di lì dipendiamo dalle nostre famiglie. Ma i nostri genitori non devono per forza sapere. Ben altra cosa per quanto riguarda gli amici, soprattutto per loro. I nostri amici devono essere i primi a saperlo. Avete paura che non accettino, che non capiscano… Se è così avete solo paura di non avere amici veri. Ma meglio accorgersene per tempo di queste cose. Questo vale per tutti: chi non ci accetta, chi non ci capisce semplicemente non è degno di starci vicino. Non ci sono toni di grigio in ste cose, solo bianco o nero. Ormai con la mia ex ragazza riesco addirittura a scherzare su un mio futuro ragazzo, ad esprimere a lei questo mio bisogno fortissimo. Certo sono fortunato… ma a volte le fortune bisogna anche meritarsele. L’altro giorno in piscina, nelle docce, parlavo con un mio amico del più e del meno, ma anche dei “problemi” legati alla mia omosessualità. C’era altra gente nelle docce e non ho parlato in codice o sotto voce… Ragazzi, una cosa dobbiamo capire. Abbiamo solo questa vita, ed è la nostra. Uscendo allo scoperto, uscendo dalle fogne, rischiamo di sicuro qualcosa non lo metto in dubbio. Rischiamo di passare dei momenti difficili. Ma perché, forse adesso, casi fortunati a parte, stiamo passando momenti facili? Vogliamo passare tutta la vita a nasconderci? Vogliamo passare tutta la vita a inseguire fantasmi perché tutti siamo ugualmente nascosti? Vogliamo continuare davvero a rovinarci la vita e a non viverla pienamente perché dobbiamo affrontare rischi e scottature? Secondo me il rischio maggiore è quello di rischiare di buttare nel cesso tutta la nostra vita stando nascosti. La società non cambierà mai atteggiamento nei nostri confronti, se noi stessi non gli imponiamo la nostra NORMALITA’ con l’evidenza dei fatti. Ma questa normalità non va solo teorizzata, va vissuta alla luce del sole! Prendiamoci le nostre precauzioni, non siamo avventati… ma non facciamo cazzate. Penso e ripenso al post “CIAO DISTILLATO 32 – GAY E PATOLOGIE DELLA SOLITUDINE”… la mia, la nostra risposta a tutto questo dovrebbe essere un esperimento di “normalità”.

Vi abbraccio tutti quanti

Ritter

__________

Ciao Ritter,

ho letto il tuo commento con estrema attenzione e ne sono rimasto colpitissimo. In qualche modo dici cose che sono in parte diverse da quelle che penso io, ma il fatto che tu le dica con quella determinazione mi ha messo in crisi e mi ha spinto a ripensate tutto il problema del coming out. Ci tengo a sottolineare che quello che tu dici mi sembra sicuramente la strada migliore ogni qualvolta questa strada è effettivamente percorribile. Non sono un difensore ad oltranza dell’idea di evitare il coming out quando un gesto del genere, presumibilmente, non porta a situazioni invivibili. Il coming out è una delle scelte più difficili per un ragazzo gay, che potrebbe anche essere la scelta migliore ma spesso non lo è, specialmente quando è un coming out pubblico o almeno a voce alta. E adesso mi permetto di dare sfogo ad un piccolo risentimento derivate dalla lettura del tuo commento… usi l’espressione “uscire dalla fogne” quasi ad indicare che chi non ha scelto di fare un coming out a voce alta ha scelto di vivere nelle fogne. Siccome non ho mai fatto un coming out a voce alta dovrei sentirmi uno che ha scelto di rimanere nelle fogne. Francamente questo linguaggio lascia pensare che tu veda in un coming out ad alta voce un atto di eroismo come se non dichiararsi fosse una colpa morale o una diminuzione di dignità e non una scelta prudente derivante da difficoltà ambientali valutate come insuperabili. Questa accusa (velata) di immoralità verso coloro che fanno scelte diverse francamente non la condivido perché può contribuire a far nascere in tanti ragazzi entusiasmi dei quali, specialmente in situazioni ambientali difficili, rischiano di doversi pentire amaramente. Probabilmente fai quello che fai perché ti trovi in una situazione favorevole, se è così il tuo comportamento è pienamente motivato, ma eviterei estrapolazioni a situazioni che possono essere oggettivamente e soggettivamente diversissime e insisterei sempre sulla prudenza, che deve portare all’assunzione di un scelta responsabilità nella piena consapevolezza dei rischi che dal coming out possono derivare. Riconosco comunque che il tuo commento non manca certo di inviti a pensare prima di agire e per questa ragione, salvo il riferimento alle fogne, sento di condividerlo nella sostanza. Non aggiungo altro. Ciao Ritter, credimi, leggere il tuo commento mi rianima e mi tira fuori da uno dei miei tanti momenti di scoraggiamento. Un abbraccio.

_____

Aggiungo le prime due risposte al commento di Ritter.

Ciao Ritter,
forse hai ragione non so…ma se tu escludi dal coming out i genitori allora la tua idea mi sembra un po’ contraddittoria…
cioè…o lo diciamo solo a quelli che sappiamo che ci accetteranno o lo diciamo a tutti gli amici per affermare la nostra normalità…
ma se facciamo come nel secondo caso ma escludendo i genitori non capisco…vorrebbe dire che gli amici devono accettarci e i genitori non necessariamente…
Secondo me i genitori hanno il diritto e il dovere di prenderne atto…poi che sia difficile non lo metto in dubbio, bisogna aspettare il momento giusto…

Scritto da : v87 | 11/01/2008

___________

“Imporre la nostra normalità con l’evidenza dei fatti”. Questo si direbbe intelligete. Ci ho pensato spesso anch’io: se noi stessi per primi non ci comportiamo come persone normali, se sentiamo l’esigenza di nasconderci o, in alternativa, di vivere solo per affermare la nostra diversità, allora come possiamo pensare che la gente ci veda normali? Io ora quando parlo di omosessualità dico che ho un mio caro amico gay e così almeno posso dire la mia, che è sempre meglio che dire “sì, che schifo che fanno i froci!”. Un bravo ragazzo, impacciato, una persona qualsiasi. In fondo mi sento falso lo stesso, ma per ora ho scelto di fare così. Un’ altra cosa: a me i gay facevano sinceramente un tantino schifo, perché vedevo solo quello che mi era dato vedere; concorderete che non è un bello spettacolo. Uno che conoscesse me, Ritter o gli altri ragazzi probabilmente si farebbe un’idea nuova e molto più “in piccolo” di cosa vuol dire gay. Non è una battaglia che sento mia, non mi va di consumarmi per combatterla, mi sono ritrovato in una situazione spiacevole che non vorrei, ma passivamente, solo portando la mia esperienza, un qualcosa di buono lo faccio, credo. Per apparire normali, occorre esserlo.

Scritto da Aster 11/1/2008 (inviato via msn per problemi di posting)

CORAGGIO GAY E COMING OUT – ESPERIMENTI DI NORMALITA’ultima modifica: 2008-01-11T12:50:00+01:00da gayproject
Reposta per primo quest’articolo

5 pensieri su “CORAGGIO GAY E COMING OUT – ESPERIMENTI DI NORMALITA’

  1. Personalmente sottoscrivo quasi tutto quello che dice Ritter, però, ecco, la questione che i genitori possono non saperlo non mi torna tanto. O meglio, è giustificabile se lo si fa per non far loro del male, ma è anche vero che col tempo si finisce per escluderli totalmente dalla nostra vita. E questo che senso ha? Però sì, eviterei i coming out diretti in famiglia, preferendo una via meno diretta, a piccole dosi. Io è quello che avrei fatto, però beh non ne ho avuto il tempo 🙂 Cmq parlando anche al di fuori del contesto familiare, beh, io dico che nascondersi forse non è la cosa migliore. Per nascondersi intendo chi veramente si spaccia per un’altra persona, dando di sé un’immagine che non è quella che rappresenta il suo vero io. Quand’ero a scuola ho conosciuto un prof. omosessuale. Lui la prima cosa che mi disse era di non spargere la voce della sua omosessualità. Prudenza? Secondo me fin troppa. Infatti, ho conosciuto persone che nel mondo del lavoro erano super-dichiarate e che addirittura sul curriculum avevano dichiarato le loro partecipazioni a movimenti gay. E non hanno mai avuto problemi, che io sappia. Cmq sì, secondo me il segreto sta nel fatto di porsi come persone normali. Se ci nascondiamo troppo oppure, dall’altro estremo, esibiamo troppo la nostra identità sessuale… beh, siamo noi i primi a considerarci “diversi”. Io nella mia vita un bricolo di libertà la voglio, anche a costo di sputare sangue.

  2. Premetto che fino a poco tempo fa anche io la pensavo come Project….
    Ma a 24 anni, dopo che oramai da 6 anni hai capito come sei, dopo che stai riuscendo a “normalizzare” la tua vita accettandoti, nonostante parte della famiglia sia al corrente della tua omosessualità (ma non per questo accondiscendente o comprensiva, se così possiamo dire), ti senti dentro qualcosa che prima o poi deve esplodere, se non vuoi morire dentro…
    Senti proprio la necessità di dire: caspita, ma io sono così, che ci sia diventato o nato non importa, ma non posso rodermi il fegato e vivere di alti e bassi di continuo!
    Se mi fido di qualcuno sento di potergli parlare.
    E così ho fatto poco tempo fa con una mia amica/collega di università.
    Stavolta il rischio era stato molto ponderato, ed è andata bene: mi ha accolto come se nulla fosse successo, anzi, con lei e con le sue amiche siamo più vicini di prima e ci frequentiamo anche al di fuori dell’università.
    E’ un mondo difficile e bigotto, la mia paura nel rischio che persone sconsiderate vengano a sapere di me resta sempre (e questo accresce le mie gà numerose paranoie) ma dobbiamo pur metterci in gioco una volta tanto.
    Questo non è un vero rischio, piuttosto aumenta la possibilità, con le persone di cui ci si fida, di poter essere accolti così come siamo.
    Chi è intelligente capirà e non avrà alcuna reazione spropositata perchè, in fin dei conti, sei sempre tu, non è cambiato nulla…
    Resta il fatto che alle volte è diverso, e chi, dopo ad es. 10 anni di frequentazione “ha mangiato la foglia” per un motivo o per un altro, scompare improvvismente dalla circolazione.
    Ma non sei tu che non vai: è lui che non è degno della tua amicizia.
    Con alcuni è fiato sprecato, così come con i genitori che devono sempre giustificare tutto razionalizzndo a tutti i costi.
    “se avessi un po di testa capiresti, razionalemente, che tu non sei così, ma che sono solo tue fantasie dovute ad insuccessi adolescenziali”.. Chi come me si sente dire sempre questa frase?
    E allora, confidarsi si, ma con chi si ritiene che possa meritarlo…

    Mi piacerebbe sapere voi cosa ne pensiate…

    Ciao Gayproject, ciao a tutti…

  3. Secondo me il fattore rischio quando si tratta di amicizie (parlo nello specifico di questo caso qui) non sussiste. Che rischio è se io mi dichiaro con una persona e questa, non capendomi, si allontana? Anzi, è una grande fortuna, perchè scopro quanto questa persona non mi meriti!! E se si allontana, tanto meglio! Tanti pensano solo al fatto di dover piacere, punto e basta. Ma a chi devo piacere, prima a gli altri o prima a me stesso? Chiediamocelo. E questo vale per altre mille cose nella vita.

  4. Claudio ha ragione. Tante volte noi stessi non ci piaciamo o cadiamo in crisi depressive per paura del giudizio altrui..
    E’ inutile nasconderlo, tanti vivono la propria condizione in modo parzialmente o poco sereno in quanto pensano che se qualcuno possa scoprire la propria identità sessuale, lo “bandirebbe” dalla società, a maggior ragione se le conoscenze riguardano ambiti professionali/lavorativi…

  5. Ho trovato oggi questo, sembra davvero un caso… ed è il riassunto del mio pensiero: “Ama la verità; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio.” (Moscati)
    Con l’espressione topo di fogna, non volevo offendere alcuno nè fare un velato moralismo… mi riferivo solo a come mi sento io quando mi nascondo. Con quello che ho scritto volevo solo esprimere quale secondo me è il senso di vivere.
    Ognuno trovi il suo liberamente.
    Un abbraccio

I commenti sono chiusi.