COMMENTO DI RITTER SUL COMING OUT

Cari tutti,

la tematica è scottante e sempre all’ordine del giorno. Per me e per Paolo in questo periodo la questione sta assumendo una presenza consistente nei nostri pensieri quotidiani.
Per me che sotto una scorza indurita dal pensiero e dall’attitudine caratteriale sono un inguaribile ottimista, la questione sta diventando fonte di quotidiano scoraggiamento e di sfiducia pessimistica sulla capacità delle persone di essere più forti e più autonome rispetto al pregiudizio gratutito del sentire comune. La cosa mi fa davvero incazzare quando la trovo nell’ambito cattolico. Dove sono l’amore, dov’è andato a finire il loro prossimo… da quando le puttane, gli storpi e i ladri – che erano il seguito di colui nel nome del quale si segnano meccanicamente – si sono trasformati in ricche borghesi benpensanti, in acide pettegole ma stimabili signore o in irreprensibili maschere di padri di famiglia (le cui famiglie vanno a catafascio dopo cinque minuti)???
Mi fa rabbia, e che rabbia!!!, quando si può fare impunemente della coerenza un vuoto giocattolo.
Una bandiera sempre pronta a cambiare forme e colori pur di lasciare la vita tranquilla, senza turbative, insensibile a piccole e grandi ingiustizie.
A parte questo sfogo, che metà è personale e per metà è generico, sono indeciso sul da farsi. Vorrei dirlo, non c’è dubbio. Ma ogni volta che il discorso finisce per caso sui gay (parola peraltro mai pronunciata in questa forma, è tabù!) la mezza voce di pudore è d’obbligo, il dialetto facilita il trovare forme dispregiative sempre nuove… e se anche non leggo esplicito disprezzo, leggo la forza di una crosta di pregiudizi, di modi di pensare, che si sono sedimentati per inerzia. Meno terribili del disprezzo esplicito e convinto, ma non meno brutti e, soprattutto, non meno scoraggianti per me che il coraggio lo vorrei prendere a due mani e provare a parlarne.
Cosa cerchiamo nel coming out, chiede giustamente stefano (con in quale ho potuto parlare un po’ ultimamente di questa cosa, anche se non quanto avrei voluto). Io so bene cosa vorrei: è un desiderio che si esprime in termini generali, e che sarebbe la cosa più semplice, se fosse davvero semplice. E cioè che nell’amore fra due maschi, vedessero soltanto l’amore. Tutto il resto viene immediatamente in secondo piano. Non ci sarebbe più scandalo, nulla più da dover nascondere. Non ci sarebbero schifezze e atti contronatura. Le “scomuniche” vaticane avrebbero lo stesso peso delle parole di Mike Buongiorno che tenta di venderci un detersivo.
E seguirebbe anche tutto il resto: comprensione, aiuto. Accettazione e parole simili sarebbero dei passi superati da una comprensione di questo genere.
Io mi faccio sempre la domanda: ” Ma cosa ci vuole a capire un’evidenza del genere?” e la risposta diventa un autentico tormento. Non ci vorrebbe nulla, sarebbe pure bello, sarebbe un pensiero del quale una persona potrebbe e dovrebbe andare in giro a testa alta. Eppure? Cos’è che fa inceppare il meccanismo? Cos’è che a volte fa diventare addirittura insufficiente l’amore per un figlio, se non basta la bontà dell’idea in sé? Cos’è che impedisce a dei genitori, a dei fratelli che ci vogliono un oceano di bene, anche solo a contemplare un’ipotesi del genere? La mia testa è solo questo che non riesce a capire. Per ora mi limito a constatarlo, ad osservarlo. Se stefano, in una mail che mi ha scritto era ottimista, project mi ha (e ci ha direi) sempre messi in guardia da facili ottimismi.
Per me ora non c’è molto spazio all’ottimismo, su questo fronte in particolare. Con questo non voglio dire che mi do per vinto. Non sarei l’inguaribile ottimista, il pazzo come dice Paolo, che credo di essere. E nessuno di noi si dia mai per vinto!!
Sulla frase di stefano “Chi mi ama mi accetta, chi non mi accetta non mi ama.” vi regalo una perla del ritter-pensiero. Vedete, in molte parti d’Italia il legame familiare ha ancora un’importanza e un peso che spesso, in certe situazioni in particolare, è ai limiti dell’oppressivo. Crea universi di rapporti fra le persone in cui sembra che il legame di sangue debba contare più del valore delle persone. Che è aberrante. Ecco la mia legge morale allora: “Per me sei prima una persona incantevole, o uno stronzo. Solo dopo sei mio padre/madre, fratello/sorella, o zio”. Se dovessi fare coming out e non dovessi essere accettato, non potrà che valere questa regola. Fiducioso, penso che non sarà così. Ma meglio mettere le mani avanti. Amo la mia famiglia e se dovessi fare coming out è perché vorrei che loro continuassero a sapere chi sono davvero. E che possano voler bene a quel ME comunque io sia, come è sempre stato finora. E’ anche questa una necessità. Se però questo non dovesse succedere, pur passando le pene dell’inferno e momenti di profondo sconforto… è la mia vita… ed è giusto che io la viva come sento sia giusto per me viverla. Cercando la MIA felicità… fosse anche solo un miraggio.

COMMENTO DI RITTER SUL COMING OUTultima modifica: 2007-12-26T14:45:00+01:00da gayproject
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2 pensieri su “COMMENTO DI RITTER SUL COMING OUT

  1. Lascia perdere lo spirito cattolico,è chi lo amministra che ha devastato il nostro paese e ha creato un’Italia bigotta che predica bene e razzola male.
    Tutto il resto è una scelta personale che deve solo essere ponderata con attenzione,tutto qui.
    Se vuoi un consiglio ascolta il parere di tutti quanti ma ricorda che sei solo tu e tu soltanto il padrone della tua vita,non ci sono vere e proprie guide da seguire in questi casi.
    Un abbraccio e in bocca al lupo x tutto

  2. Ecco forse l’unica cosa importante è proprio il fatto che dicendolo faresti sapere a tuoi cosa sei veramente. Ovviamente come dice distillato, se non sai te com’è la tua famiglia non possiamo di certo noi aiutarti, quindi anche da parte mia un abbraccio e stai sereno che non si muore per una parola, anche se potrebbe cambiarti la vita (in senso buono si spera!!)….

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