GAY E PRESUNTI AMICI

Questo post è strettamente diaristico, i fatti sono rigorosamente reali e autobiografici. Oggi ho fatto un lungo viaggio con un amico o presunto tale. Ma che vuol dire “presunto amico”? In pratica vuol dire amico nella mia dimensione non gay, perché per essere mio amico bisogna essere gay o etero senza preclusioni anti-gay. La necessità del viaggio era oggettiva e dovuta a ragion i tecniche, e la compagnia era tutto sommato gradevole, tuttavia il viaggio non ha fatto altro che richiamarmi alla mente l’idea della doppia vita. Io sono me stesso in pratica solo con le perone che collaborano a questo blog e con qualche altra persona, ma si tratta comunque di un numero limitatissimo di amici dei quali mi fido veramente. Molte delle storie sul coming out riportate in questo blog presentano il problema: “coming out sì” – “coming out no”, come se le alternative fossero solo due, ma, lo dico per esperienza diretta oltre che per notizie di persone che conosco, nella maggior parte dei casi (quasi sempre) si realizza un coming out limitato a poche persone, molto frequentemente amici e non familiari, ne segue che la possibilità di essere se stessi esiste ma limitatamente ad alcune persone e quindi i gay, in genere, vivono due vite parallele, una di facciata e una reale. Questa è anche la mia esperienza. Io scrivo su questo blog e cerco di farlo funzionare al meglio e considero la parola gay una qualificazione alta, nella mia dimensione reale (la dimensione gay) il mio essere gay non crea problemi, né per i miei amici gay né per gli etero, queste persone appartengono al “mio” mondo, quello nel quale posso essere me stesso, poi c’è l’altra dimensione, quella chiamiamola così pubblica. La quasi totalità delle persone che conosco, a quanto posso vedere, mi identifica come perfetto etero, al punto che qualcuno, come il ragazzo col quale ho fatto il viaggio, mi fa anche apertamente discorsi omofobi aspettandosi il mio consenso che, purtroppo, non posso negare, anche se in forma dubitativa. Non conosco molte lesbiche, direi che in pratica ne conosco solo due, una coppia di professoresse dell’università, non siamo amici nel senso vero della parola, ma una mezza simpatia c’è, ebbene tempo fa il ragazzo con il quale ho fatto il lungo viaggio ieri mi ha fatto un discorso tremendo su queste due signore, che ormai hanno quasi 50 anni. Ha detto che a lui le donne omosessuali non piacciono e francamente mi sono domandato perché la sottolineatura delle “donne omosessuali”  come se gli uomini omosessuali gli fossero simpatici, però la sottolineatura c’è stata. Mi ha detto che aveva visto le de signore insieme e che lui era certo che fossero lesbiche e me lo ha detto come se mi stesse rivelando il segreto più terribile del mondo, e ha detto che non voleva fare esami con loro e che in pratica la cosa gli faceva schifo, è proprio questo il termine che ha usato. Io con totale faccia di bronzo gli ho risposto che avevo visto insieme anch’io le due signore ma che fossero lesbiche non mi era mai passato neppure per l’anticamera del cervello (cosa non vera, perché le due signore si vedono sempre insieme), quel ragazzo poi ha fatto dietro front: “adesso non vorrei che tu penassi che io ho detto qualcosa che non dovevo dire”, ho risposto che può pensare quello che vuole e che se le due signore sono lesbiche o meno sono affari loro e non capisco perché uno non dovrebbe seguire un corso fatto da una professoressa lesbica che, tanto più per un ragazzo, non vedo quali pericoli posa comportare. In sostanza mi sono trovato a confortare uno che aveva in testa idee omofobe, per la verità non molto convinte. Ho continuato a parlare con quel ragazzo di altre cose, come se nulla fosse accaduto e ho dovuto anche assumere toni incoraggianti e affettuosi nei suoi confronti cosa che non mi veniva affatto spontanea, ma bisognava fare buon viso a cattivo gioco, perché poi scatta una specie di rifiuto di ritorno e tende a scatenarsi una certa aggressività verso chi mi parla male degli omosessuali. Per la verità episodi come quello che ho raccontato sono piuttosto rari, ma ci sono diverse persone che si considerano miei amici anche se io non li considerano affatto tali e non si accorgono minimamente del fatto che il rapporto che ho con loro non mi coinvolge affatto ed è in sostanza una pure recita. Per diverse persone della mia dimensione non gay ho un vero rispetto, e non li coinvolgo nella mia sfera privata solo per motivi di opportunismo, ma altri li deterso e mi sono dato un criterio da seguire: minimizzare gli impegni e gli incontri con le persone che detesto e dare spazio alla dimensione gay, non sprecare tempo in recite, quando c’è di meglio da fare. La sensazione di vivere in due dimensioni parallele che non si incontreranno mai  mi stressa ma la vita su due fronti è una necessità sociale imprescindibile. Per curiosità sono andato a vedere su internet i programmi dei corsi delle due professoresse e non avevano nulla a che vedere con l’omosessualità. Certe volte è sgradevole dovere avere due vite ma è la realtà. In qualche caso mi dispiace veramente non poter affrontare un discorso serio con certe persone nella mia dimensione non gay perché si tratta di persone come si deve, ma il rischio è troppo alto e il criterio di selezione dei possibili destinatari di un’amicizia vera deve essere molto restrittivo.

GAY E PRESUNTI AMICIultima modifica: 2007-09-10T13:57:22+02:00da gayproject
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