RAFFALOVICH: COME AFFRONTARE L’OMOSESSUALITA’

Nelle pagine dedicate al metodo e al punto di vista, Raffalovich, sotto le apparenze di un dotto discorso letterario, cerca di fare emergere la sostanziale complessità della questione relativa all’omosessualità, che non si può ridurre a patologia sessuale. Raffalovich ha a cuore la figura dell’omosessuale superiore, che lui individua col non effeminato e tende a mettere in evidenza che le qualità morali di una persona non hanno nulla a che vedere col suo orientamento sessuale. Si ferma parecchio sulla presunta femminilizzazione dell’omosessuale, sulla famosa formula dell’anima femminile nel corpo maschile, ancora sostenuta da Ulrichs, al quale rimprovera che, per evitare di fare dell’omosessuale un criminale ne aveva fatto un malato. Raffalovich ha una concezione nettamente più moderna dell’omosessualità, basata su una conoscenza molto larga e documentata della questione. Egli sostiene che l’omosessuale congenito può ben arrivare al coito con una donna senza per questo essere meno omosessuale, può sposarsi ed essere anche un ottimo marito ma non sarà in nessun caso un marito felice, perché il suo vero interesse non si rivolgerà comunque alle donne. Raffalovich rimprovera ai suoi contemporanei l’idea ossessiva che in qualsiasi rapporto, anche omosessuale, ci debbano essere comunque un uomo e duna donna, egli sostiene che l’omosessuale non si sente affatto donna, e spesso non è un mezzo uomo ma un uomo e mezzo e molti grandi condottieri del passato lo dimostrano ampiamente. In buona sostanza Raffalovich evidenzia le pretese, le contraddizioni e gli errori di metodo della pseudo-scienza del suo tempo, che partendo da presupposti a priori, concludeva sostenendo il carattere chiaramente criminale e patologico dell’omosessualità.
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IL METODO

Si è tanto studiata la psicopatia sessuale, la patologia dell’inversione sessale, che è diventato indispensabile risalire più in alto e più indietro e seguire la psicologia di queste manifestazioni dell’istinto sessuale che si chiamano uranismo, inversione sessuale, sessualità contraria, unisessualità, omosessualità.

Per parlare dell’inversione sessuale con competenza bisogna adottare un punto di vista che non è quello dell’omosessuale; altrimenti tutto quello che si scrive farebbe solo più o meno torto alla verità e diventerebbe un monumento di maggiore o minor valore per gli psicologi e i moralisti del futuro.

Non ignoro la difficoltà dell’impresa, ma essa non ha nulla di impossibile. Io vorrei applicare alla psicologia umana, alla conoscenza degli uomini, un po’ di quella equità critica sognata e indicata da Sainte-Beuve. Così, nel brano seguente, se sostituisco a Raffaello la Natura, o quello che c’è nella Natura, o lo scopo della natura, e alla parola arte la parola Morale, si avrà un’impressione oscura di quello che io conto di evitare:

“Un giorno che, davanti a una tela di Raffaello, uno dei nostri pittori moderni, grandi intenditori di estetica più che pittori, uomo dalle vaste idee e dai progetti grandiosi, aveva sviluppato davanti a qualche suo discepolo una di quelle teorie sull’arte cristiana e sull’arte del Rinascimento, in cui il nome di Raffaello, continuamente invocato, è preso a pretesto, si girò improvvisamente allontanandosi, e da uomo di spirito qual è, gridò: E dire che se ci avesse ascoltato non ci avrebbe capito niente! Io non vorrei mai che una cosa simile si potesse dire dell’autore, dell’artista (1) che si sta spiegando, anche dopo secoli, e che si sta commentando. ”

Dopo l’apologo Sainte-Beuve fa intravedere il metodo:

“Io so che i punti vi vista cambiano e si spostano; che avanzando nel cammino, tappa dopo tappa, delle nuove prospettive si aprono verso il passato e vi gettano delle luci, certe volte impreviste. Si può dunque, fino ad un certo punto, vedere in un’opera una cosa diversa da quella che ci ha visto l’autore, isolare quello che egli ci ha messo a sua insaputa e quello a cui egli non aveva neppure pensato in modo esplicito. Così come egli avrebbe certamente molte cose da insegnarci, se ci fosse concesso di rivederlo, e noi saremmo ricondotti al vero su molte questioni sulle quali siamo andati al di là, io credo che gli si potrebbero anche insegnare, a lui su lui stesso, alcune cose nuove. In questo (se ci si riuscisse) consisterebbe la legittima gloria del critico. In questo consisterebbe la sua parte legittima di invenzione. Così mi piacerebbe che quando si scrive su un autore (e intendo soprattutto parlare di un poeta o di un artista, di un autore di sentimento o d’immaginazione) lo si immaginasse presente ad ascoltare quello che noi ne diciamo. Questa ipotesi, all’inizio, potrebbe intimidire ma un po’ di timidezza non fa male…”

“Questa prima impressione di pudore sarebbe ben presto dissipata, e ci si metterebbe a parlare a discutere… con libertà, in modo ardito, immaginandosi qualche volta di poterlo anche sorprendere un po’ e di poterlo stupire, ma sforzandosi nello stesso tempo di convincerlo delle nostre idee. Si sarebbe allora animati da un’idea molto gratificante e da una spinta potente, dall’idea di potergli insegnare qualcosa, anche a lui, che gli si possa far fare un passo in più vero la conoscenza di lui stesso e del posto che occupa… Ci si sentirebbe contenti di toglierli un velo davanti agli occhi che gli nascondeva qualche aspetto, che gli si possa spiegare meglio di quando non possa fare lui stesso la sua azione sugli uomini , in che cosa essa è stata utile, salutare e favorevole alla crescita; o, oserei aggiungere, anche in che cosa essa è stata meno opportuna e qualche volta funesta. ” La cura che si metterebbe nel toccare questi argomenti difettosi per la morale o per l’arte, e le precauzioni che si userebbero nel convincerlo (lui sempre presupposto invisibile e presente) sarebbero un omaggio in più al genio e alla fama.(2) … Non si parlerebbe di Racine, di La Fontaine, di Orazio (Orazio, La Fontaine e Racine sempre considerati presenti), come di Bossuet e di Corneille. Ci si metterebbe subito, per quanto possibile, all’unisono, perché la cosa importante sarebbe che il grande scrittore trovasse che noi entriamo nel suo senso del testo in modo abbastanza diretto per consentire in seguito a lui di entrare un po’ nel nostro senso. Si arriverebbe per gradi al punto in cui l’accordo cessa (se deve cessare), al limite. Si farebbe notare all’uno quello che ha detto senza saperlo, e all’altro quello che ha fatto senza volerlo. Il grande uomo, fino allora così ben condotto dalla sua guida, sarebbe come costretto ad avanzare con il lettore; non sarebbe che un lettore in più, e il più interessato di tutti. Si potrebbe portare Racine fino a capire l’elogio di Shakespeare e si potrebbe spiegare davanti a Bossuet che cosa è la tolleranza… Tra un fatto così generale e comune a tutti come il suolo e il clima, e un risultato così complicato e così diverso come la varietà delle specie e degli individui che ci vivono, c’è spazio per moltissime cause e per le forze più particolari e più immediate, e finché non le si è comprese, non si è spiegato nulla. E lo stesso vale per gli uomini e per gli spiriti che vivono nello stesso secolo, cioè in un medesimo clima morale: si può bene, quando li si studia uno alla volta, mostrare tutti i rapporti che essi hanno con quei tempi in cui sono nati e sono vissuti; ma mai, se si conoscesse la sola epoca, e anche se la si conoscesse a fondo nei suoi caratteri principali, si potrebbe concludere in anticipo che essa avrebbe dovuto dare i natali a questo o a quell’altro tipo di individui, a quello o a quell’altro tipo di talento. Perché Pascal invece di La Fontaine? Perché Chaulieu piuttosto che Saint-Simon? Si ignora dunque il punto essenziale del problema: il come della creazione e della formazione, il mistero ci sfugge. Ciò che di più saggio si può fare è guardare bene e osservare… Le formule generali non attestano che un punto di vista o un desiderio di certi spiriti; è meglio essere sobri nell’usare formule generali e farle intervenire soltanto quando si è arrivati proprio alla fine, perché quando sono troppo frequenti e presenti in tutti i momenti, esse non fanno che offuscare e schiacciare.”

Da questo punto di vista ci si accorge che l’amore unisessuale, come le depravazioni e le follie unisessuali possono dedursi a priori dalle condizioni della vita e dalla natura umana. La psicopatologia moderna non ha avuto il coraggio o la capacità speculativa di servirsi della psicologia e della conoscenza dei caratteri.

Quando ci si dimentica della tesi che si vuole difendere pro o contro la morale convenzionale, pro o contro l’opinione della minoranza o della maggioranza, – o pro o conto qualsiasi altra cosa, – in una sola parola, quando si studia l’inversione con imparzialità e acutezza, con calma, si scopre che l’unisessualità e tutte le sue ramificazioni e complicazioni, discendono dalla natura umana, dalla sessualità virtuosa o viziosa, moderata, sobria o eccessiva, dal carattere debole o forte, indeciso o pertinace, dall’intelligenza, dalla continenza come dall’incontinenza, da tutte le educazioni e da tutte le resistenze. Non c’è nessun incontro di circostanze che non possa avere un qualche rapporto con una delle forme o delle trasformazioni dell’unisessualità: non si può né negarla, né distruggerla, né diminuirla. – ma bisogna comprenderla, studiarla, diminuirne i pericoli e i crimini.(3)

PUNTI DI VISTA

Una delle difficoltà è stata il punto di vista falso o la conclusione determinata a priori. Il materialista, per esempio (che ha molto più bisogno di buoni costumi i quanto non abbia bisogno di religione)(4) o anche lo scettico, desideroso non contraddire l’opinione scritta o gli assiomi, non trovando l’unisessualità né criminale a priori né difficile da immaginare o da collocare nell’insieme della vita umana, sono costretti ad occuparsi soprattutto dei malati, dei criminali, per classificarli come degenerati. – M. Chevalier (così eccellente su qualsiasi argomento, salvo che sull’inversione congenita) arriva a confondere quasi l’effeminatezza (dell’uranista) con l’inversione. L’uomo invertito, secondo lui, si sente donna di fronte all’uomo: ma è quello che accade all’invertito effeminato, all’invertito degenerato, malato – ma l’invertito maschile e superiore si sente uomo di fronte all’uomo. L’invertito congenito di M. Chevalier è l’invertito femminile, futile, pericoloso e loquace, – quello dal quale l’invertito maschio fugge come fugge dalla donna femminile. I grandi uranisti non appartengono a questa categoria.

Se ci si ricorda che M. Chevalier, nel suo capitolo sull’inversione congenita, si occupa soprattutto di effeminatezza congenita, non si può con congratularsi con lui per il suo libro così nutrito e coscienzioso. Ma non posso impedirmi di credere che lo studio dell’invertito maschio lo abbia un po’ bloccato al punto di farlo arrivare alla degenerazione forzata dell’uranista.

E, nonostante tutto, il suo capitolo storico è eccellente e riassume molto bene l’universalità dell’unisessualità in tutti i tempi e in tutti i paesi. Solo se si deve arrivare alla conclusione del minor valore, dell’inferiorità dell’uranista superiore, io credo che allora ci si preoccupi di studiare soprattutto malati, impulsivi, alienati e criminali.

Mi adeguo senza problemi all’opinione degli scienziati quando trattano dell’unisessualità come risultato della smania di potere a tutti i livelli; come vizio (pederastia venale, prostituzione unisessuale, rivettes, jésus, ricattatori, ecc.) nato dalla povertà, dalla pigrizia, dalle tentazioni e dalle eccitazioni derivanti dalla vita nelle città, anche nelle piccole città, dal desiderio degli uni ed alla docilità degli altri, e dai desideri degli uomini che pagano; quando trattano dell’unisessualità come risultato di tutte le agglomerazioni di maschi (penitenziarie, militari, religiose, ospedaliere, industriali, scolastiche); di atti unisessuali commessi per effetto di infantilismo o di ermafroditismo fisico, per depravazione cerebrale, per snobismo, ecc., degli atti unisessuali legati alla mania, alla melanconia, al delirio dei perseguitati o dei persecutori, alla follia ereditaria, all’epilessia (pederastia periodica di Tarnowsky), alla paralisi generale (pederastia paralitica di Tarnowsky), alla demenza senile (pederastia senile di Tarnowsky, pederastia degli effeminati e dei degenerati), ma mi rifiuto di seguire i loro lettori quando pensano che questi scienziati abbiano chiarito la psicologia intima dell’inversione.

La conservazione della specie diventa, per gli scienziati di oggi, quasi altrettanto formidabile del “crescete e moltiplicatevi” e la differenziazione assoluta dei due sessi diventa il segno stesso della civiltà. Si mette un po’ da parte (in teoria) la conservazione dell’individuo, e un po’ meno la differenziazione dell’individuo. Ma l’unisessualità non impedisce la conservazione della razza, perché la si è trovata in tutti i tempi e in tutti i paesi del mondo – e, se ci si occupa delle teleologia, non si può rifiutare agli unisessuali di avere la loro teoria secondo la quale l’unisessualità esiste per impedire che il mondo troppo popolato sia costretto a dover uccidere una certa percentuale di bambini o di nonni.

Se la differenziazione dei due sessi (se l’uomo molto uomo(5) e la donna molto donna,(6) cioè a dire il maschio dell’homo sapiens e la femmina dell’homo sapiens) è la finalità e il segno stesso della civiltà, penso che il mondo dovrebbe ricominciare da capo se lo si volesse ben riuscito. E anche in un mondo in cui ogni uomo fosse un Adamo e ogni donna fosse un’Eva, l’unisessualità comparirebbe ben presto perché l’amore della similarità è una passione umana proprio come l’amore della dissimilarità. Questa idea che c’è sempre un maschio e una femmina (qualsiasi sia il sesso) perseguita tutta la psicologia sessuale. Oggi come oggi questo amore della similarità congiunto con l’amore della dissimilarità costituisce l’amore di molti uomini superiori per delle donne superiori. – La donna troppo differenziata finisce per essere un gingillo e questo porta quasi al feticismo, e parecchi uomini sono diventati o sono rimasti unisessuali a causa di questa differenziazione spinta all’estremo.

Man mano che l’uomo si civilizza, si complica e si perfeziona, man mano che diventa più sensibile, chiede alla donna delle qualità che essa non può ottenere senza assimilarsi a lui, senza rassomigliarli o sena fingere si rassomigliargli. Quanti uomini amano l’eco femminile (questa eco contro la quale tante donne oggi insorgono) e si immaginano di trovarla là dove essa non è, – se la donna fosse veramente tale quale la si definisce,(7) ci sarebbe ancora più unisessualità di quanta ce n’è ora, a causa della troppo grande incompatibilità.

L’invertito sessuale normale non è necessariamente un malato(8) né un criminale; e non è alla mercede del suo istinto sessuale più di qualsiasi altro uomo civilizzato, con dei principi, dei doveri e delle convenzioni da rispettare.

Ci sono invertiti sessuali criminali, ce ne sono di malati. Cu sono dei criminali e dei malati che sono sessualmente invertiti o pervertiti. Ma non si può rifiutare di riconoscere l’esistenza dell’invertito sessuale non squilibrato, non degenerato. Non presenta più segni di degenerazione dell’eterosessuale normale. È spesso molto maschio, un maschio e mezzo, più che un mezzo maschio, o se è effeminato, non lo è più di miriadi di eterosessuali.

INVERSIONE SESSUALE SENZA DEGENERAZIONE O SQUILIBRIO

L’invertito sessuale normale non è affatto necessariamente incapace di praticare il coito con una donna, e non è per questo meno congenitamente invertito. Può, nel corso della sua vita, amare o immaginarsi di amare una donna, ma corregge facilmente il suo errore, nella maggior parte dei casi prima dello snudamento amoroso. Può essere sposato e può essere un buono, indulgente e rispettabile marito, e se ha dei principi o è timido, o se non incontra nessuno che gli piaccia, potrà essere fedele a sua moglie e infedele al proprio ideale. È comunque da compiangere, benché sia degno di stima. In ogni caso non saranno le donne che lo attireranno.

La legge, i medici, la maldicenza, ora, respingono nell’oscurità l’invertito sessuale normale.(9)

Col caso di Oscar Wilde ancora presente nella memoria e quello degli établissements de bains di rue Pethièvre, credo, si capirà facilmente le paura della legge, e la maldicenza non ha bisogno di spiegazioni.(10)

I medici e coloro i cui libri si appoggiano su di loro, vogliono fare degli invertiti dei malati, per non farne dei criminali. Secondo me bisogna assumere la difesa di quelli che non sono né malati né criminali. Altrimenti non vedo proprio come si potrà arrivare a cambiare le leggi e a illuminare l’opinione pubblica e gli stessi invertiti.

Non avrei neppure iniziato questo libro se gli invertiti fossero comunque malati o criminali. L’ignoranza, la malafede, i pregiudizi, hanno oscurato questa questione da molto tempo e la nascondono ancora. Anche la pseudoscienza di oggi contribuisce al nostro accecamento. È solo a partire dai nostri giorni che si è cercato di classificare scientificamente gli invertiti, ma ci si è occupati soprattutto degli effeminati che sono pieni di menzogna e di vanità; è come se si prendessero Célimène, Manon Lescaut, Marguerite Gautier come prototipi della donna.

Studiando si si è scoperto che molti uomini nascono invertiti, che essi sono portati verso l’uomo come la maggior parte degli uomini è portata verso la donna. Tutto ciò che è stato scritto dopo, risente ancora dell’impulso dato dal famoso invertito Ulrichs, che proclamava la sua propria inversione e rivendicava la giustizia e la libertà per i suoi fratelli. Ulrichs difendeva la causa di volta in volta con troppo entusiasmo o con troppa ignoranza. Credeva ancora ad un’anima di donna in un cervello di uomo. Ci si è aggrappati in modo ostinato all’idea che l’effeminatezza e l’inversione fossero legate insieme. E poi si è voluto e si vuole ancora (ed è qui che la pseudoscienza di autori che hanno letto Krafft Ebing e alcuni altri va a fare danni) che gli invertiti di nascita, gli uranisti, come sono chiamati dalla parola urning inventata da Ulrichs, che hanno sempre amato gli uomini e che non hanno mai conosciuto la sodomia tecnicamente detta, cioè il coito anale, siano considerati come dei disgraziati e non come dei colpevoli, che la legge debba risparmiarli, riservando i suoi rigori solamente per i pervertiti, per i viziosi, per i dissoluti che stuprano i bambini o i ragazzi giovani.

Tutto questo è veramente lodevole sotto parecchi aspetti, ma è intriso di tutti gli errori possibili. Alessandro, Cesare, Federico il grande, il gran Condé, il principe Eugenio (più o meno la metà dei grandi condottieri) avevano conosciuto tutti degli amori e anche dei vizi omosessuali, ma il principe Eugenio soltanto fra questi cinque, comunque, io credo, non aveva mai avuto rapporti con una donna. Non si capirebbe dunque come poter fare dell’uranismo assoluto, dell’impossibilità di avere rapporti con una donna, il sine qua non dell’irresponsabilità unisessuale.

La verità è che non ci sono distinzioni assolute tra l’uomo eterosessuale e l’uomo omosessuale. C’è soprattutto l’uomo sessuale e l’uomo per il quale il sesso non è così preponderante. Questo può essere, senza danno per lui stesso o per gli altri, omosessuale o eterosessuale, o colpito da psico-ermafroditismo, è in questa categoria (di uomini presso i quali la sessualità, violenta o no, non è preponderante) che si trova normalmente il genio. Il genio più sensuale, il più sessuale, può sempre riprendersi dopo essersi lasciato andare.(11)

Nell’uomo di talento, al contrario, la sessualità è probabilmente più differenziata, più esclusivamente orientata in favore di un sesso, o di un’età o di un tipo o di un momento. Dante, il più grande genio d’Italia, notoriamente eterosessuale, ha giudicato l’uranismo in modo molto più giusto di qualsiasi altro poeta e io credo che tutti i grandi geni, se non hanno essi stessi ceduto all’unisessualità, l’hanno capita e conosciuta: in ogni caso l’hanno guardata dall’alto, senza menzogna e senza stupidità. Le circostanze non hanno permesso loro di venire in aiuto dell’ignoranza dell’umanità, ma Dante, Goethe e Shakespeare (letto nel senso che ho indicato) darebbero all’umanità la filosofia, la morale e la poesia dell’inversione sessuale. E se ci aggiungiamo Platone e qualche Padre della Chiesa, avremmo a stento bisogno degli autori che derivano da Ulrichs e del movimento scientifico della seconda parte del nostro secolo.

L’inversione sessuale è vecchia come il mondo e gli uomini l’hanno capita in altri tempi come la capiscono anche oggi. È ormai da parecchio tempo che tutte le questioni della morale sono state risolte, ma esse non sono state tutte codificate.

L’ignoranza della maggior parte degli uomini non deve sorprendere. Le visioni di insieme non appartengono alle maggioranze. Gli uomini che hanno scritto sull’inversione hanno avuto un punto di vista personale da difendere o da attaccare, o hanno avuto paura di mettere mano alla critica. Spesso quelli che hanno saputo e capito di più non hanno scritto nulla, e hanno detto ben poco, e hanno agito sui loro contemporanei e su quelli che stavano intorno a loro. Perché avrebbero dovuto rivelare senza scopo, in opere di filosofia, di morale o di pietà, la saggezza che si trova già in alcuni grandi libri?

Essi hanno saputo in tutte le epoche quello che noi dobbiamo imparare da capo, che la natura umana non è modificata sensibilmente dall’orientamento della sessualità.

Se volete un ritratto ammirabile dell’invertito effeminato come lo si ritrova negli ambienti mondani e artistici in cui ha agio di svilupparsi a suo piacimento, leggete la descrizione di Adolphe di Banjamin Constant: “Lo vedrete in molte e diverse circostanze, e sempre come vittima di questa mescolanza di egoismo e di sensibilità, che si uniscono in lui per la disgrazia sua e degli altri; capace di prevedere il male prima di farlo, e pronto a retrocedere disperatamente dopo averlo fatto; punito dalle sue qualità più ancora che dai suoi difetti, perché le sue qualità derivavano dalle sue emozioni e non dai suoi principi; di volta in volta il più devoto e il più duro degli uomini, ma che finisce sempre con la durezza dopo avere cominciato con la devozione, senza lasciare altra traccia che quella dei suoi torti…”
Il ritratto non colpisce forse per la rassomiglianza? E adesso leggete questo ritratto – non è forse quello di un uomo? – “A considerarlo da vicino, nelle sue azioni e nelle sue opere, si riconosce che con i suoi difetti e le sue colpe, Federico è della razza dei più grandi uomini, eroico per il carattere, per la volontà, superiore alla sorte, infaticabile nel lavoro, capace di dare ad ogni cosa il giusto peso, fermo, pratico, sensato, ardente fino alla sua ultima ora, sapeva mescolare, e nel suo modo geloso degli interessi di stato, un autentico e sincero spirito di philosophe, degli intervalli eleganti di conversazione, di cultura grave e di ornata umanità.” (Federico il grande descritto da Sante-Beuve).

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(1) E dell’uomo che si spiega, che si commenta.
(2) E alla verità.
(3) L’ignoranza che si ostenta su questo argomento, o che si ha realmente, non fa che aumentare il numero di bambini sfortunati e corrotti, di uomini inutili, infelici, mentitori e ingannatori – di prostituti maschio, di ricattatori, di ladri, di assassini. La prostituzione maschile aumenta.
(4) Quello che Diderot diceva del philosophe.
(5) L’intelligenza e la forza
(6) Il cuore e la grazia.
(7) Vedi Chevalier: Inversion sexuelle, première partie. Una maladie de la personnalité.
L’Inversion sexuelle (Psycho-physiologie, Sociologie, Tératologue, Aliénation mental, Psychologie morbide. Anthropologie, Médecine judiciaire) Lyon, Storck, et Paris, Masson, 1893.
(8) Non dico superiore, perché i superiori formano una classe più ristretta.
(9) L’invertito superiore si preoccupa meno di quello che dirà la gente e se ha delle ambizioni caritatevoli o elevate, seguirà la sua strada senza temere le calunnie o le facezie che fanno trasalire i suoi simili meno indipendenti.
(10) L’Inghilterra per esempio, ha avuto il processo del conte delle contessa Russel, in cui la contessa accusava suo marito di abitudini “contro natura” con un amico serio e poi durante il processo voleva fare rientrare il marito sotto il tetto coniugale.
(11) Goethe, il più grande genio tedesco, equilibrato per eccellenza, ha potuto cedere in un momento della sua vita, in un momento che richiederebbe uno degli studi più interessanti che si possano immaginare, all’amore unisessuale, ma si è ripreso, come si è sempre ripreso, e l’universo ha potuto glorificare Goethe, l’uomo che Napoleone chiamava enfaticamente: un uomo.
Lo stesso si potrebbe dire di Shakespeare, anche se personalmente credo che la differenza di età e di classe e un’amicizia entusiastica spieghino assolutamente i sonetti di Shakespeare, e lo stesso vale per Michelangelo, anche se egli rimase sempre uranista.

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RAFFALOVICH: COME AFFRONTARE L’OMOSESSUALITA’ultima modifica: 2016-08-02T12:04:26+02:00da gayproject
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