VITA GAY NEGLI ANNI 60

Essere gay non è un problema, almeno non è un problema grosso, voglio dire: la fame nel mondo, l’ingiustizia, la povertà sono problemi nel vero senso della parola, problemi complessi che toccano miliardi di persone e che creano sofferenza, il cosiddetto problema gay, di fatto, almeno qui in Europa, è un problema piccolo, non richiede denaro o mezzi ma solo una società più civile. In fondo non sarebbe nemmeno troppo difficile la convivenza, solo con un minimo di tolleranza reciproca e col passare degli anni qualche raggio di sole si comincia a vedere. O no? Comunque stiano le cose o comunque le si voglia valutare resta che questi sono solo problemi o non problemi dei giovani gay, i vecchi ormai hanno fatto il loro corso, la loro esperienza non può essere riciclata o forse si? Comunque sono cambiate le condizioni, i giovani hanno altre prospettive, i giovani hanno sempre altre prospettive, basta sentire le discussioni in televisione, i giovani hanno sempre capito tutto, o meglio quelli che strillano hanno capito o credono di aver capito sempre tutto, gli altri stanno solo ad assistere a tutto quello che verrà, la condizione passiva se la portano nel sangue, anche perché combattere serve solo ai giovani. Forse qualcuno dei vecchi ha vissuto in qualche paradiso dell’eden, in un’Italia senza repressione e senza chiesa, ma è solo un’ipotesi e poi dovrebbero essere troppo vecchi, fatto sta che tanta letteratura e tanta televisione che si vede in giro è solo sui gay giovani, sui vecchi c’è poco o nulla, diceva Marco Aurelio che il sole che sorge ha sempre più adoratori del sole che tramonta. Eppure la vecchiaia gay non è solo un’ipotesi è una realtà comune di tantissime persone, di quelli che si ricordano delle loro paure e dei loro amori quando ne hanno avuti, perché moltissimi hanno vissuto solo di desideri e di attimi rubati, perché a quel tempo vivere un amore omosessuale era difficile, troppo difficile per essere possibile, allora si contavano le parole, gli sguardi, c’era la chiesa che spiegava ogni cosa e ti metteva in mente che tu non avresti nemmeno dovuto esistere, l’erotismo degli altri serviva a collaborare al piano di Dio, quello tuo serviva a realizzare il regno si Satana, eppure ti sentivi nascere dentro un amore vero, nulla di contorto o di satanico, allora la via era difficile, non c’erano gruppi organizzati, oggi ce ne sono troppi e soprattutto hanno finalità troppo commerciali o politiche per avere una credibilità, allora c’erano le grandi idee da rispettare: che fai? non ti sposi? e perché? Allora c’era l’idea della famiglia come obbligo, come condizione di normalità, allora non c’era il gay, c’era il frocio, allora la crocifissione del gay era la regola, oggi è sufficiente la solitudine. Allora le libertà sessuali c’erano, erano tante, ma tutte ritualizzate in una dimensione almeno apparentemente etero, c’erano i giochi a sfondo tipicamente sessuale, la nudità fra ragazzi non era una cosa rarissima, c’era cameratismo, potevi fare i tuoi apprezzamenti su un altro ragazzo ma sempre ridendo e parlando di donne. C’erano i ricchi e i poveri, allora la distinzione contava di più, oggi un povero è quasi meno povero, ma allora era povero anche culturalmente allora un povero si sentiva povero e aveva paura, se vuoi, puoi dire rispetto, di quelli più ricchi di lui, la ricchezza era una condizione relativa all’essere e non all’avere. Allora tu non sapevi, eri giovane, ragazzo, addirittura ragazzino o poco più, provavi dei sentimenti e non sapevi o si faceva di tutto perché tu non sapessi di che cosa si trattava, c’era il prete pronto a spiegarti che la cosa si sarebbe risolta da sé se tu avessi trovato la ragazza (o la puttana) giusta, a casa poi niente libri o giornali che toccassero l’argomento, l’argomento proprio non esisteva, c’erano i giornaletti porno ma praticamente tutti etero e poi andarli a comprare all’edicola sotto casa era una cosa troppo rischiosa… si facevano passeggiate di chilometri per comprare un giornaletto porno in un altro quartiere, però c’erano anche degli aspetti positivi, almeno sotto un certo punto di vista, la privacy allora non esisteva, si viveva in tanti in una casa piccola, allora la popolazione era in crescita, per i poveri soprattutto esisteva una dimensione collettivistica, per i ricchi meno. Oggi i gay in genere li vedi troppo, e specialmente dove non c’entrano nulla, al tempo avevi addirittura l’idea di essere l’unico, anche se, in effetti, anche oggi, al di fuori di quelli che fanno capo alle associazioni, di gay dichiarati ne vedi pochi, almeno di quelli di una certa età… non dico della mia età, ma anche di quelli di quarant’anni, ecco oggi di gay giovani ne vedi tanti, di quelli vecchi ne vedi pochissimi, perché la stragrande maggioranza è rimasta legata alla sua mentalità e alla sua paura, o direi meglio alla sua vita, quando la paura diventa l’essenza della vita si identifica con la vita. Ma un gay vecchio di oggi che vita fa? In genere è solo, magari infilato in una gran truppa di parenti che aspetta prima o poi l’eredità (piccola o grossa) dello zio, o peggio è solo come un cane, solo anche perché povero, con una pensione da sopravvivenza e in questo finalmente uguale a molti altri, che però hanno almeno una pensione di reversibilità, parlo soprattutto di vedovi vecchi, ma in ogni caso il gay vecchio è solo in un senso speciale, può parlare di tutto ma non della sua vita, di politica, di soldi, di ladri, perfino di donne, ma deglii amori gay, dei ricordi o delle fantasie mai realizzate della sua vita non può nemmeno accennare e poi ai ragazzi gay si perdona qualsiasi cosa perché sono giovani e hanno sempre ragione, sono puri (almeno in un certo senso) ma la vecchiaia è la forma peggiore di impurità, la vecchiaia deve essere legata a chissà quali cose nobili perché la vecchiaia legata al ricordo o al desiderio o meglio alla fantasia sessuale e automaticamente una cosa sporca, non perché c’è di mezzo qualcosa di sessuale, ma perché la sessualità è contaminata dalla vecchiaia. E poi per un vecchio il sesso è deprimente anche nella dimensione del ricordo perché la sessualità vera è una questione fisica e con gli anni queste cose si perdono, il sesso, nella misura in cui è possibile con l’andare degli anni, non fa che sottolineare che non è più tempo per quelle cose, in questo caso l’anima invecchia più lentamente del corpo, ma forse anche l’anima invecchia e anche l’idea dell’amore, anche quello affettivo, emotivo, finisce con l’età, alla fine non ne puoi più di cercare l’araba fenice, alla fine ti rendi conto che hai passato una vita a cercare e che non hai concluso nulla, qualcuno sì, ti ha voluto bene ma poi è finito tutto, cose più o meno nobili, ma passato, e con un passato così dietro le spalle non c’è nemmeno più voglia di futuro, ti bastano i dolori, la fatica dell’alzarsi la mattina, anche se poi quando vai in giro per la strada qualche bel ragazzo ti fa tornare qualche fantasia ma è più un piacere estetico che un interesse sessuale, tu non c’entri nulla, c’è un tempo per tutte le cose, che cosa avresti da dire a quel ragazzo, gay o etero non conta più nulla, se è un etero il discorso è banale, ma se è gay è ancora più deludente perché ormai la differenza tra te e qual ragazzo non è data dal sesso ma dalla aspettativa di vita e di felicità, tu potresti essere un buon nonnetto per quel ragazzo ma non vi capireste mai, tu tutto questo lo sai benissimo e lasci perdere, d’altra parte che altro potresti fare? Ormai siamo vecchi, la prospettiva è chiudere al meglio le cose, non quelle gay ma proprio tutte, eppure la nostra vita ha avuto delle sue caratteristiche, era una vita gay, oggi direbbero che era un purgatorio e non una vita, eppure abbiamo vissuto, noi vecchi ci siamo stati e tutto quello che si godono questi ragazzi di oggi non l’hanno conquistato loro ma noi, piano piano, a partire dal poco, altro che tutto e subito, altro che “diritti”, si trattava di trovare uno spazio, di cominciare dal poco, dalla tolleranza, dall’essere accettati, dal trovare un amico che ti volesse bene, il sesso era un problema soprattutto di ipotesi, poco di realtà, anche allora c’erano le donne nude, meno di oggi, ma qualche cosa si cominciava a vedere, forse non erano nude, ma in costume da bagno, ma bei ragazzi, non dico nudi ma nemmeno senza camicia, se ne vedevano pochi, dovevi andare al mare, lì qualche sorriso si rimediava ma doveva essere un sorriso rubato, una complicità, poi c’era il militare, la visita a diciotto anni, tutti nudi alla sala medica, uno spettacolo unico, un imbarazzo terribile e nello stesso tempo un interesse morboso, un’esperienza che cominciava a scavare nella fantasia ben prima che divenisse reale e si stampava poi in modo indelebile nella memoria, all’approssimarsi del giorno fissato cresceva il panico, soprattutto per il rischio di non riuscire a controllarsi in una situazione simile, ma con un fortissimo precondizionamento psicologico ci si poteva riuscire, poi, a casa, stavi a fantasticarci per mesi. Anche a scuola quando si faceva ginnastica, la materia più malandrina che c’è, andare allo spogliatoio era un piacere, uno dei pochissimi veri piaceri per un ragazzo gay dei miei tempi, era una piacere pesantemente condizionato da scrupoli religiosi, oggi sembra quasi assurdo dirlo, ma era un piacere, già vedere i ragazzi in mutande era un piacere, c’era un clima di naturalezza, di situazione assolutamente ordinaria, ogni tanto qualche scherzo un po’ pesante ai danni di qualcuno, ma così, per scherzare, io stavo sempre al di fuori di queste cose, mi bastava guardare, in genere la vittima designata degli scherzi più pesanti (che cambiava di volta in volta) faceva finta di arrabbiarsi, ma anche quello era un gioco, allora non c’erano le docce, lo spettacolo del nudo integrale non era comune, ma quando venne nella mia classe un ragazzo nuovo, ripetente, lo spettacolo diventò comune, si spogliava completamente per mettersi degli slip e dei calzoncini per fare atletica, aveva 18 anni, rimaneva nudo a chiacchierare con gli altri ragazzi senza nessun imbarazzo, come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo, alla cosa sembrava non dare proprio peso. Un anno si andò tutti allo stadio, lì c’era lo spogliatoio con le docce, la mattina le porte dello spogliatoio erano chiuse, io tolsi le chiusure in modo che si potesse entrare subito, appena entrati cominciarono gli scherzi pesanti ma ovviamente sempre nell’atmosfera del gioco cameratesco. I miei compagni si spogliarono senza troppo spettacolo e andarono ai campi, al ritorno, dopo l’allenamento, in molti fecero la doccia nudi, alcuni evitavano di rivestirsi proprio per farsi vedere dagli altri, alcuni di quelli che tornavano nudi dalla sala docce venivano complimentati dagli altri e ridevano mentre si asciugavano. Naturalmente tutta quella, chiamiamola così, naturalezza per me era assolutamente imbarazzante, nei giorni in cui avevo le lezioni di educazione fisica andavo a scuola in tuta, non mi sono mai spogliato nello spogliatoio e non ho mai fatto la doccia con i miei compagni… ma questo è ovvio. Se al liceo il clima era questo alle medie le cose erano molto diverse. Alla fine delle medie ricordo tanta violenza sessuale quanta non ne ho mai rivista in seguito, probabilmente era proprio una conseguenza della totale immaturità dei ragazzi, si trattava spesso di imporre a un altro una umiliazione, in sostanza la dimensione dominante era la violenza per la violenza, non era il gioco come al liceo, dove in effetti di violenza non ce n’era proprio. La vita militare, un’esperienza che i ragazzi di adesso non provano più, era una cosa più complicata, temibile solo in un certo senso, c’era il nonnismo ma con molta prudenza si riusciva ad evitarlo, c’erano i nudi alle docce e tutto il resto e tra l’altro con ragazzi più grandi che erano già uomini, ma c’era anche uno strano ambiente cameratesco, dico strano perché erano cose che non ti saresti mai aspettato, con alcuni ragazzi si creavano quasi dei momenti di intesa sessuale, ma questa volta, penso, erano cose basate su una forma di tenerezza reciproca tra quanti hanno bisogno di non sentirsi soli. Scherzi sessuali ce ne erano pochi, esibizionismo sessuale se ne vedeva ma in momenti particolari, in pratica solo nelle docce. Con qualcuno si creava un ambiente più caldo, più confortevole, guai però a sbagliare l’interpretazione dei fatti, bisognava stare attentissimi a non mettersi nei guai e a non scambiare una dimensione affettiva di amicizia seria per una forma di disponibilità sessuale, un errore in questo campo non sarebbe stato perdonato facilmente. Uno era veramente un bel ragazzo, siciliano, di quelli con un sorriso franco e con denti meravigliosi, lo vedevo nudo alle docce quasi tutte le mattine e non ha mai mostrato segni di imbarazzo, cercavo di stare con lui anche in tanti altri momenti, ci fermavamo spesso a chiacchierare, cercava di darmi risposte sincere, cercava di costruire un rapporto di amicizia e io non sapevo fin dove sarebbe arrivato, si chiamava Salvatore, qualche volta mi sussurrava delle cose all’orecchio o a bassa voce con un atteggiamento di intimità, era un bravissimo ragazzo, forte e sincero, quasi ingenuo per quanto era onesto e dolce, pensavo che con lui avrei potuto passare la vita: dolce, onesto e bello, perché essere belli non è una cosa secondaria, tutto il suo nudo era meraviglioso, forte ma nello stesso tempo senza esagerazione e senza sfoggio, ero preso dal dubbio: glielo dico o non glielo dico, se gli avessi detto come stavano le cose avrei potuto realizzare il mio sogno ma avrei anche potuto distruggerlo perdendo quella forma speciale di familiarità che si era creata, allora ero proprio angosciato da questo problema, alla fine decisi che sarebbe stato meglio salvare la prudenza e non gli dissi nulla, adesso, col senno di poi e di tanti anni dopo so che ho fatto bene a non dire nulla, Salvatore ha ormai tre figli grandi, dopo il militare ci siamo rivisti più di qualche volta, quando viene a Roma viene a trovarmi, è rimasto un brav’uomo e mi piace anche oggi, non ha perso quella sua gentilezza di fondo, sembra strano ma lo amo ancora, è un uomo che mi piace, la moglie è stata fortunata. E’ proprio vero che tra il fisico e la personalità c’è un rapporto strettissimo. Ai miei tempi, per moltissimi ragazzi come me era un’altra esperienza da passare, quasi un rito di passaggio, c’erano i gruppi dell’azione cattolica, dato che le ragazze non erano troppo gradire in quegli ambienti c’erano quasi solo ragazzi e l’ambiente era dolcissimo, tutti ragazzi carucci e di buona famiglia, si poteva chiacchierare, si potevano guardare questi ragazzi da vicino, ma di sessuale nel senso stretto del termine c’era ben poco, lì doveva bastare solo la fantasia. L’università è stata una storia a parte, in effetti la ricordo poco, ragazzi interessanti non ce n’erano o solo qualche rapida meteora, qualcuno bello da vedere ma poi spariva come era arrivato, qualcuno anche bello ma con idee troppo grandi: era un po’ il tempo di quelli che si devono realizzare e che hanno deciso di rimandare la vita vera a un’altra epoca, quelle rarissime volte che si creava un minimo di comunicativa si faceva troppo presto a ricredersi, tutti, o praticamente tutti avevano una ragazza, ma non era un problema affettivo o sessuale, era semplicemente una cosa che era così perché non poteva che essere così, quei pochissimi che non avevano una ragazza facevano di tutto per far finta di averla, allora, e la cosa mi stupiva, i miei pensieri erano lontano dal sesso, pensavo a realizzare chissà che cosa, a costruire chissà quale futuro, allora avevo il mito della cultura, mi piaceva studiare, pavoneggiarmi con le cose più astruse, stavo cercando di mettere da parte la vita affettiva, di coprire la voragine del desiderio di essere amato con qualche altra cosa, con la carriera, con la cultura o con altre cose di quel genere, cominciavo lentamente a capire che per me la condizione del pari tra i pari era o cominciava ad essere impossibile, al liceo non era così, ma all’università mi rendevo conto sempre più che con gli altri non avevo nulla da spartire, all’università non c’era nessun Salvatore, c’erano tanti tipetti arrivisti e affaristi che tentavano la loro scalata ma la cosa mi interessava poco, cominciavo a pensare che avrei già allora dovuto rivolgermi verso ragazzi più giovani, non era un problema di preferenze sessuali, ma nei miei coetanei vedevo ormai atteggiamenti così lontani dai miei che non mi interessavano nemmeno sessualmente, avrei potuto fare il papà, il fratello più grande, non sarebbe stato come stare alla pari ma in qualche modo avrei avuto la possibilità di non perdere definitivamente i contatti con quei ragazzi che mi potevano interessare: allora mi piacevano molto i ragazzi dai 18 anni fino ai 22-23, è un’età meravigliosa e ricca sotto il profilo affettivo, poi tanti ragazzi si cristallizzano e solo pochi mantengono una disponibilità o sarebbe meglio dire una fame affettiva che permetta loro di conservare rapporti veri e non stereotipati. Ero affascinato dai ragazzi di quell’età, ma non c’erano reali possibilità di aggancio, allora non c’era internet, ti dovevi guardare intorno e dovevi rischiare, se volevi rischiare, senza la protezione dell’anonimato. Allora sognavo molto e soprattutto costruivo il mio sogno in modo sempre più strutturato, avrei voluto un ragazzo bellissmo, verissmo, onestissimo, che mi amasse veramente, anche due cuori e una capanna: pochi soldi, esattamente divisi a metà, indipendentemente da chi li avesse guadagnati, immaginavo che ognuno dei due avrebbe stretto la cinghia per arrivare a natale a fare all’altro il regalo più bello possibile, immaginavo una reciprocità totale, una intimità al limite della identificazione e della fusione fisica, desideravo che si potesse essere finalmente in due, che si potesse costituire una coppia, un sogno matrimoniale, di lì tutti i progetti sul lavoro comune, sul dirsi tutto, sul capirsi fino in fondo, sul piacere di stare insieme, in questo modo avrei potuto veramente avere un mondo ideale, ma la realtà non aveva nulla a che vedere con tutto ciò, la dimensione della solitudine avanzava giorno dopo giorno irreversibilmente. Dopo, sul lavoro, mi sentivo ormai vaccinato, in sostanza avevo già elaborato il senso della mia rinuncia, voglio dire che non mi interessava particolarmente cercare di risolvere il mio problema, avevo ormai dimostrato a me stesso il teorema di inesistenza delle soluzioni, niente amore, niente sesso, mi dicevo, ma non certo niente affettività e in effetti ho avuto una vita affettiva tutto sommato piuttosto ricca, ho avuto degli amici veri ai quali ho parlato chiaro e che non mi hanno mai messo in difficoltà, erano sempre più giovani di me e di parecchio, anche di vent’anni, mi volevano bene, avevano la loro vita affettiva e sessuale con le donne ma mi volevano bene, ero un po’ un papà, potevo non chiamarli ma alla fine sapevo che mi avrebbero richiamato, con questi amici ho sognato di avere meravigliose storie d’amore e in effetti ne ero innamorato ma sapevo benissimo che la loro presenza era compatibile solo con un legame molto elastico, se avessi cercato di stringere le cose sarebbero spariti, forse no, ma mi avrebbero tenuto comunque a distanza. Questi amici ora sono uomini grandi con famiglia e figli, credo che le mogli non abbiano mai capito fino in fondo il significato preciso del legame che c’era o meglio che c’è tra noi, in un certo senso il mio rapporto con questi ragazzi (allora erano ragazzi) è stato bello e lo è tuttora ma, se si può, mette ancora più in evidenza che il mio sogno era del tutto irrealizzabile. Io lo so benissimo, adesso il mio giovane lettore mi potrebbe dire che la vita va avanti e che prima o poi l’amore arriva (parafrasando Benni), però piano piano non hai più voglia di innamorarti, avrei bisogno di un uomo non giovane, di uno che ha vissuto le delusioni della sua vita e che vuole uno spazio per ripensarle, ma dovrebbe essere una ipotesi di reale vita comune, che se è difficile a vent’anni, a sessanta è praticamente impossibile. Se un senso può avere tutto quello che ho vissuto, o meglio sarebbe dire che non ho vissuto, credo che si debba cercarlo nell’idea di non tenersi per sé la propria esperienza, è meglio raccontarsi ai giovani, a quelli che adesso hanno vent’anni, quelli hanno bisogno di confronto o di esperienza, forse non lo sanno nemmeno loro ma ne hanno bisogno, devono cominciare a capire che la giovinezza non dura in eterno e che le scelte non possono essere continuamente rinviate, quello che mi sento di dire a questi ragazzi è che non devono rinunciare ai loro sogni e ai loro amori. Attenti all’aids per carità! Ma ricordatevi che la felicità esiste e la vita vostra può essere la felicità per qualcun altro, sarebbe bellissimo, a me non è successo, ma l’ho sognato tutta la vita.

VITA GAY NEGLI ANNI 60ultima modifica: 2007-08-31T12:45:00+02:00da gayproject
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